Nella breve comunicazione, in spagnolo, che il cardinale Segretario di stato Pietro Parolin ha inviato all’arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa, per esprimergli vicinanza e solidarietà dopo i nuovi attacchi di cui è stato vittima domenica scorsa, nella chiesa del Carmine di Catia in conclusione aggiunge una riflessione di grande importanza anche per i contenuti e i toni inediti: “Ho pregato molto ieri, domenica 16, perché la Madonna del Carmine, tanto amata e venerata in Venezuela, ottenga dal suo Figlio Divino una soluzione pacifica e democratica per il Paese. E perché le Autorità ascoltino il grido del popolo che chiede libertà, riconciliazione, pace e benessere materiale per tutti, anzitutto per i più poveri ed emarginati”.
Non è nuova la richiesta vaticana alle autorità del Venezuela affinché si adoperino per una soluzione pacifica e democratica. In passato lo stesso cardinale Parolin ha chiesto che si tenessero il prima possibile le elezioni generali, in quanto unica via possibile ed efficace per risolvere la crisi. In questa circostanza ciò che è nuovo è questo passaggio: “Le Autorità ascoltino il grido del popolo che chiede libertà, riconciliazione, pace e benessere materiale per tutti, anzitutto per i più poveri ed emarginati”.
A Maduro ovviamente nulla di tutto ciò è piaciuto. Era da immaginare, nonostante non faccia altro che appellarsi al Papa, immaginando che Il Santo Padre sia una cosa e il suo Segretario di stato un’altra. Tempo fa, un diplomatico vaticano disse a Maduro: “Presidente, le cose non stanno così. Pensare in questo modo è fuorviante e insensato”. Maduro però non è una persona molto aperta all’ascolto e al dialogo e dunque non cambierà facilmente opinione. E’ convinto che alla fine “vincerà” e potrà alzare la bandiera della sua vittoria, ma, ammesso che ciò avvenga, l’asta poggerà sulle macerie di un popolo e di una nazione.