Andando esattamente nel verso opposto a quello della sostenibilità, il Brasile sta perdendo il suo maggior patrimonio economico, scientifico e naturale: la foresta Amazzonica. Nel 2016, 8 mila chilometri quadrati del bioma sono stati completamente distrutti. È la quota più alta di deforestazione dal 2008, vale a dire un aumento del 29% rispetto al 2015, secondo l’analisi dell’Istituto di Ricerca Ambientale dell’Amazzonia (IPAM). L’area distrutta ha un’ampiezza paragonabile a sette volte quella della città di Rio de Janeiro. È la prima volta in 12 anni che la deforestazione è in aumento per due anni consecutivi con un’ulteriore tendenza al peggioramento anche in quello corrente: già solo a maggio, la deforestazione dell’Amazzonia è raddoppiata rispetto a quella dello stesso periodo del 2016. “La diminuzione delle risorse pubbliche finalizzate ad attività di fiscalizzazione e monitoraggio, unita al disinteresse della popolazione per questo argomento, è una combinazione fatale per il bioma”, denuncia André Guimarães, direttore esecutivo dell’IPAM.
Un’analisi storica mostra che dal 1988 c’è stata una riduzione di 421.871 km2 di foresta. L’estrazione illegale di legno e l’attenuazione della legislazione a partire dal Nuovo Codice Forestale – che concede amnistia per i casi di deforestazione illegale fino al 2008 −, fino ad arrivare al mancato ampliamento delle aree di protezione ambientale, sono alcune delle principali cause di una realtà da tempo preoccupante. L’aumento delle aree disboscate colloca il Brasile lontano dall’obiettivo stabilito nell’Accordo di Parigi, che vieta qualsiasi forma di deforestazione illegale in Amazzonia fino al 2030. “Abbiamo già molte aree aperte che devono solo essere sfruttate in maniera migliore. Non c’è bisogno di aprirne di nuove perché stiamo mettendo a repentaglio il nostro clima, la biodiversità e il regime delle acque”, commenta Cristiane Mazzetti, coordinatrice della campagna Amazzonia di Greenpeace. Secondo lei, la foresta Amazzonica possiede un grande potenziale di produttività e che tutt’ora è ancora poco sfruttato da alcuni settori, come l’allevamento, ad esempio. Invece di disboscare, l’ideale sarebbe di sviluppare le risorse che generano valore. Anche il direttore esecutivo dell’Istituto di Ricerca Ambientale dell’Amazzonia condivide quest’idea ed aggiunge che “Oltre ad incentivare la gestione della foresta e la produzione di prodotti forestali non-legnosi, come olio e castagne, i settori privati che agiscono nella regione devono diventare più efficienti e produttivi nelle aree già attualmente aperte. Ciò è realizzabile attraverso una tecnologia agro-pastorizia, un’intensificazione della produzione e pratiche che rendano l’uso del suolo più efficiente”.
La deforestazione nel dettaglio. Tutti gli stati dell’Amazzonia, tranne il Mato Grosso e Amapá, hanno avuto un forte aumento della quota di deforestazione rispetto al 2015. Lo stato di Amazonas, Acre e Pará hanno registrato gli aumenti maggiori rispetto all’anno passato: rispettivamente 54, 47 e 41%. Gli stati di Amazonas e Acre, che un tempo si erano differenziati proprio per le loro politiche di conservazione, adesso hanno gettato la spugna. Lo stato di Pará, come sempre, è stato al primo posto nella classifica di distruzione, con 3.025 km2 di foresta cancellati dalla mappa, il 37% del totale. Le foreste dello stato sono sottoposte a diverse pressioni: il Pará è un grande produttore illegale di legno e detiene il 3° maggior gregge bovino del Brasile. Nello stato è in corso un forte processo di ampliamento di infrastrutture, che provoca speculazione ed appropriazione indebita di terre, come nel comune di Altamira dove c’è stato un incremento della deforestazione a seguito della costruzione del complesso idroelettrico di Belo Monte. Lo stato di Mato Grosso, nonostante abbia registrato una diminuzione del 6% di deforestazione rispetto al passato, è ancora il secondo stato maggiormente responsabile della distruzione della foresta Amazzonica, con 1.508km2 rasi al suolo. Lo stato è possessore del maggior gregge di bovini del paese (29 milioni di capi nel 2015) ed è il maggior produttore di soia. La crescente domanda di questi prodotti ha stimolato l’espansione di aree di coltivazione nella foresta. Lo stato di Amazonas continua ad attirare l’attenzione su di sé, registrando un aumento significativo del disboscamento negli ultimi anni. Già solo dal 2014 al 2015 l’aumento è stato del 42%, e dal 2015 al 2016, del 54%. Una riforma amministrativa approvata dallo stato nel 2015 ha indebolito la gestione dell’ambiente. Il sud dello stato di Amazonas è diventato bersaglio di espansione pastorizia, con un’intensa conversione di foresta in pascoli. Lo stato detiene ancora una grande porzione di foreste pubbliche non destinate, che al momento sono in balia degli occupatori abusivi di terre (grileiros). Il Sistema di allerta deforestazione stava già da tempo segnalando un forte incremento del disboscamento nello stato di Amazonas, dove è stato anche riscontrato un alto numero di incendi dolosi.
Norvegia. Visto l’aumento della deforestazione in Brasile, all’inizio di giugno la Norvegia ha informato il governo brasiliano che comincerà a dimezzare gli aiuti economici del Fondo per l’Amazzonia nel 2017, passando da una media di 125 milioni di dollari a 62,5 milioni. Oltre a ciò, minaccia di sospendere completamente i fondi nel 2018 o 2019 se la situazione non si inverte. Principale finanziatore del Fondo per l’Amazzonia, la Norvegia ha già versato 875 milioni di dollari per questo progetto – l’equivalente del 97% dei fondi -, responsabile di 89 azioni nelle aree interessate come la battaglia contro il disboscamento, la regolarizzazione fondiaria e la gestione territoriale e ambientale delle terre degli indigeni. Oltre che per l’aumento del disboscamento, il presidente Michel Temer è anche stato fortemente criticato dalle autorità norvegesi e dai brasiliani in generale per aver ordinato al Congresso Nazionale la messa in atto di misure provvisorie che hanno ridotto le aree di protezione ambientale. Queste disposizioni sono state approvate dal Congresso, ma, in seguito a forti pressioni, sono poi state sottoposte a veto dallo stesso Temer. Nel frattempo, il contenuto di queste disposizioni è nuovamente sotto analisi degli organi di governo affinché possano essere poi rimandate al Congresso.
Traduzione dal portoghese di Claudia Lorenti