Sarà una colossale banca dati del dna e di impronte digitali, in grado di dare una risposta – almeno quella – a tante famiglie che da anni non hanno notizie sui loro cari, partiti alla ricerca di una vita migliore, e scomparsi nel nulla.
In Messico la Procuraduría General de la República ha annunciato la creazione di un registro nazionale delle fosse comuni e di uno sulle fosse clandestine. Il materiale genetico verrà catalogato e confrontato con quello delle persone delle quali non si hanno più notizie, per verificare eventuali corrispondenze. Non è un lavoro da poco, visto che nell’ultimo report sulle persone scomparse (Rnped) inviato al Senato e aggiornato al dicembre 2015, risultano quasi 28mila messicani dei quali non si sa più nulla. Molti di loro – illudersi non serve a niente – non ce l’hanno fatta, finiti nella rete delle bande criminali e di un viaggio che prosciuga ogni energia. I due nuovi registri potranno dare risposte, e ancora di più se si dovesse arrivare a una collaborazione con gli Stati Uniti, che hanno una banca dati sulle persone scomparse e non identificate, Namus (National missing and unidentified person system) con già 89mila campioni di dna prelevati e classificati.
Quello che si profila non è solo un lavoro da scienziati: occorrerà trasportare tutti i cadaveri localizzati nelle fosse clandestine in nuovi terreni. Mentre allo studio del governo c’è anche la possibilità di aprire un terzo database, sulle persone che vivono in stato di indigenza.
Prima, però, i due registri. Negli ultimi dieci anni, sempre secondo dati rivelati dalla Procuraduría General de la República, nelle fosse clandestine del Paese sono stati trovati quasi 700 corpi, e solo uno ogni cinque è stato identificato. A tante famiglie, la stragrande maggioranza, si è aggiunto dramma a dramma: quello di non poter neanche sapere dove sia morta la persona amata, per salutarla come si salutano i morti, e non pensarla dissolta come un fantasma qualsiasi.