FRANCESCO TRA RIO DE JANEIRO E CRACOVIA. Tre anni trascorsi dall’appuntamento in Brasile. Il Papa non è lo stesso, il mondo non lo è e neppure la Chiesa

Cominciata l’attesa
Cominciata l’attesa

Forse Papa Francesco a Cracovia, nel suo primo incontro con i giovani della XXXI GMG, ha voglia di salutare tutti dicendo: “Dunque, dove eravamo rimasti…?”, seppure lui, come tutti noi, con Eraclito, ben sappiamo che “nessun uomo si bagna nello stesso fiume due volte”. Il tempo passa e tutto cambia, sempre. Cracovia non è Rio e il 2016 non è il 2013. Un saluto del Papa come quello immaginato sarebbe il suo riferimento immediato e diretto alla precedente edizione internazionale della GMG, a Rio de Janeiro, nel 2013, tre mesi dopo la sua inattesa e sorprendente elezione alla Cattedra del Vescovo di Roma. Fra la sua “prima GMG” e questa polacca, la “seconda”, sono passati tre anni e certamente agli occhi della Chiesa, dei giovani, dell’opinione pubblica, Jorge Mario Bergoglio appare molto diverso, affrancato definitivamente dai cliché dei primi mesi: il Papa patagonico, il Pontefice argentino, il Papa latinoamericano, il Papa gesuita, il primo Pontefice americano e non europeo dopo 12 secoli.

Oggi, Papa Francesco, è altro rispetto ai giorni felici e festosi di Rio. Oggi Papa Francesco non solo incarna la più alta leadership morale e spirituale fuori e dentro dei perimetri cristiani e cattolici. La sua figura, la sua parola, la sua fisicità pastorale, la sua agenda, esondano ampiamente questi limiti. I giovani della GMG in Polonia avranno davanti ai loro occhi un Papa Francesco “diverso”, saldamente al comando della barca di Pietro per tirarla fuori dalle secche e portarla, se possibile, rinnovata e guarita, al largo, verso le molteplici periferie di ogni tipo dove Cristo si rivela nella presenza dei deboli, scartati e sconfitti. Le centinaia di migliaia di giovani di tutto il mondo che l’incontreranno certamente avranno di Papa Bergoglio una percezione precisa, non più solo quella del Successore di Pietro, ma anche quella di un pastore particolare, irreversibilmente impegnato in diversi processi di riforma della Chiesa, da quelli di natura pastorale ed ecclesiale a quelli burocratici istituzionali, guidati dalla verità fondamentale che Francesco ricorda spesso: Gesù, “legge suprema e perfetta”.

Questi giovani incontreranno un Papa immensamente popolare e amato fuori e dentro della Chiesa, ma anche osteggiato da più parti, non con complotti ma sì con le tecniche del “character assassination” (attacchi periodici e concentrici per delegittimare il suo prestigio e la sua autorevolezza), ad ogni modo attacchi che sebbene eccitano ristretti circoli di vaticanisti o gruppi del cattolicesimo tradizionale, o qualche curiale in discesa, non hanno mai intaccato la figura di Francesco nell’opinione pubblica cattolica e non. Un “Papa teflon” è stato detto usando l’espressione coniata per Ronald Reagan per osservare che gli “attacchi non attecchivano”.

Vedendo Francesco i giovani vedranno passare tre anni della vita della Chiesa Cattolica fra quelli più ricchi, creativi e movimentati degli ultimi decenni; anni di decisioni importanti, di successi ma anche di fallimenti, di errori, prove e correzioni. Sono anni in cui Francesco, e con lui la Chiesa tutta, ha provato a “fare il Papa” in modo diverso, in particolare in dialogo costante, attento e continuo con il mondo; dialogo sempre molto sensibile ai giovani, ai quali ha sempre richiamato alle esigenze più alte senza cedere alla facile adulazione.

Un mondo diverso, che a sua volta da Rio a Cracovia, ha cambiato ancora il suo volto e purtroppo in peggio. Proprio così! E non è, come si è detto, pessimismo becero. E’ ottimismo ben informato. Negli ultimi tre anni, i poveri del mondo e i giovani sono coloro che hanno pagato il più alto prezzo esistenziale della crisi finanziaria ed economica. Basterebbe ricordare alcune statistiche sull’andamento dell’economia, sull’iniquità e la distribuzione della ricchezza ma anche delle cifre sulla disoccupazione giovanile. Intanto la guerra in Siria e le altre crisi circostanti si sono tutte incancrenite aggiungendo la drammatica crisi migratoria, un vero esodo, che ormai le nazioni di approdo declinano come “l’ennesima tragedia del mare”. In ogni continente in questi anni sono cresciuti gli scontri, le guerre per procura, le malattie della povertà, le ingiustizie sociali, gli autoritarismi di ogni specie, le politiche dell’odio, dell’antagonismo e dei muri. Nel frattempo i terrorismi con pretesi sfondi religiosi così come recentemente i terrorismi “borderline” hanno continuato a seminare morte, sofferenze e lutti ovunque e bande di assassini hanno colpito migliaia di innocenti. Nel composito pianeta dell’Islam, dove i confini tra fede e politica sono labili e arbitrari, ormai si vive una sorta di guerra civile musulmana e le conseguenze, si sa, toccano spesso Paesi non islamici.

Nell’ambito della difesa del Creato sono cresciute la coscienza e consapevolezza della gravità della situazione del pianeta ma la Terra ha continuata ad essere preda di devastazioni, sfruttamenti selvaggi, insomma pattumiera e non miniera.

E poi, il bene comune, la politica e i politici in generale, non sono cambiati o poco o nulla hanno cambiato. La loro galoppante corsa al ribasso, nella serietà, preparazione e impegno non si ferma. Sempre meno statisti e sempre più mercanti di voti e, come lo ricorda spesso Francesco, ostaggi cronici ed endemici della corruzione.

Se Francesco vorrà cominciare dicendo “Cari giovani, dove eravamo rimasti tre anni fa …?”, sarà appassionante ascoltare la sua parola, il suo racconto di questi tre anni, il suo ricordo di s. Giovanni Paolo II, che buona parte dei presenti a Cracovia non hanno conosciuto, la sua visione del futuro: sfide, stili, contenuti, priorità e impegni.

Il cardinale Stanislaw Dziwisz ha detto all’Avvenire: “I giovani sono più sensibili degli adulti alla verità, all’amicizia, alla bellezza.” Verissimo! E’ un auspicio. Siamo certi che Francesco parlerà ai giovani del mondo con il linguaggio della verità, dell’amicizia e della bellezza.

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