Torna Ernesto Cardenal, il prototipo dei preti-ministri del Nicaragua e figura tra le più rappresentative di quella teologia della liberazione centroamericana che negli anni settanta ha partecipato attivamente in tutti i processi rivoluzionari dell’area. Ma questa volta contro Daniel Ortega, presidente in carica dal 2006 e postulante alla quarta presidenza del Nicaragua dopo averne ricoperte tre consecutive.
Il 6 novembre il Nicaragua eleggerà presidente, vicepresidente, 90 parlamentari e 20 rappresentanti al Parlamento Centroamericano. I sandinisti, con Ortega candidato, sono favoriti secondo l’ultimo rilevamento della società di sondaggi M&R Consultores. Ma non tutti apprezzano la nuova candidatura del presidente in pectore. E dalle sue antiche fila si leva un grido d’allarme. Ernesto Cardenal, teologo, poeta, rivoluzionario come recitava il suo curriculum nei tempi della sua massima popolarità internazionale, apre un appello di personalità del Nicaragua che chiede alla comunità internazionale di non legittimare le prossime elezioni presidenziali. Nel documento sottoscritto da 27 esponenti del paese il gruppo respinge quella che senza mezzi termini definisce “farsa elettorale che pretende imporre il gruppo di governo” e anticipa che “se il gioco riuscisse (…) i risultati dovranno essere considerati invalidi”. I firmatari dell’appello chiedono alla società nicaraguense di unire le forze “per spingere Daniel Ortega a creare le condizioni per garantire elezioni veramente libere e oneste”.
Tra queste l’accesso di osservatori internazionali, una questione che già aveva sollevato il cardinale di Managua Leopoldo Brenes. Brenes li ha reclamati pubblicamente pochi giorni fa giacché le elezioni presidenziali si avvicinano e gli inviti agli organismi che normalmente vengono invitati a vigilare sui processi elettorali latinoamericani non sono ancora partiti. Ortega, proclamato dai sandinisti candidato ad una nuova rielezione non vede di buon occhio gli osservatori elettorali dell’Organizzazione degli stati americani (OEA), dell’Unione Europea, del Centro Carter e quelli statunitensi che, a suo giudizio, si pronunciano solamente su quei processi elettorali su cui non hanno il controllo. Diversa l’opinione dell’arcivescovo Brenes che considera “un peccato che non possano venire personalità di questi organismi che invece vengono invitate da altri paesi”. Per Brenes gli osservatori elettorali “non sono un capriccio” dei partiti che partecipano alle elezioni, ma “rappresentano il sentire della popolazione”. “Sarebbe interessante che ci fosse una osservazione nazionale e internazionale perché tutti si possano sentire tranquilli”.
Il manifesto contro il presidente del Nicaragua Daniel Ortega segnala un altro aspetto che giudica allarmante: “per la prima volta in 25 anni si vogliono realizzare elezioni escludendo, con espedienti, le principali forze politiche di opposizione”. Secondo il gruppo dei firmatari Ortega “facendo uso dei suoi rappresentanti nella Corte suprema di giustizia e nel Consiglio supremo elettorale ha spogliato della sua rappresentanza legale la principale forza politica di opposizione che a seguito di sentenze giudiziarie sfavorevoli ha deciso di non partecipare alle elezioni. L’unico partito in campo nelle elezioni di novembre sarà il Liberale Costituente dell’ex-presidente Alemán che – nell’opinione critica dei firmatari dell’appello – quando governò il Nicaragua dal 1997 al 2002 “si ripartì i poteri dello Stato con Ortega che allora era leader dell’opposizione”.
Il manifesto è stato sottoscritto da 27 personalità di rilievo nella vita del paese centroamericano oltre ad Ernesto Cardenal. Tra queste Gioconda Belli, poetessa e scrittrice discendente da una famiglia di origini italiane, l’imprenditore Fabio Gadea Mantilla, il più votato dopo Ortega nelle elezioni del 2011, e l’ambasciatore a Washington durante il primo governo sandinista (1979-1990), Carlos Tünnermann, un intellettuale e giurista di prestigio continentale.