FIAT LUX. La Santa Sede apre gli archivi vaticani sul periodo delle dittature argentine. Chiesa e violazioni dei diritti umani negli anni dei regimi militari: le divisioni interne

Una manifestazione di protesta delle famiglie dei desaparecidos
Una manifestazione di protesta delle famiglie dei desaparecidos

La decisione ormai quasi ufficiale della Santa Sede di aprire i suoi archivi sul periodo delle dittature argentine, in particolare dal 24 di marzo del 1976 al 10 dicembre del 1983, sette anni terribili in cui al potere assoluto e totalitario si sono succedute quattro Giunte militari (con 12 piccoli e grandi dittatori), ha un enorme rilevanza non solo per gli aneliti di verità e giustizia del popolo argentino, ma perché si tratta di condizioni indispensabili e ineludibili per una vera riconciliazione (1). La decisione del Santo Padre ha un’importanza storica per l’intera regione latinoamericana, in particolare per i popoli latinoamericani, i quali, quasi tutti, tra il 1° aprile 1964 (golpe militare in Brasile contro João Goulart) e l’11 marzo 1990, (giorno della sconfitta di Augusto Pinochet in Cile) patirono gli orrori dispotici di decine di dittature approvate e sostenute dalla logica geopolitica e geostrategica della Guerra fredda e di Yalta che “assegnarono” (”appaltarono” preferiva dire Eduardo Galeano) quella regione dell’emisfero americano a Washington, in cambio di altre regioni appaltate a Mosca.

Vi sono ancora molti dettagli o passaggi da precisare sull’utilizzo degli archivi, come per esempio l’individuazione del periodo esatto periodo che interessa la ricerca; la modalità di consultazione nonché le persone autorizzate all’accesso dell’archivio; la possibilità di avere copie autentificate dei documenti ritenuti fondamentali per la giustizia argentina … Non sarà insomma un processo facile e breve oltre al fatto che per ora ancora si lavora all’allestimento dei documenti accessibili, operazione piuttosto complessa.

Cosa possono contenere questi Archivi? Sostanzialmente tre tipi di paper: (a) rapporti periodici delle Nunziature alla Santa Sede (con documentazione allegata, in particolare sugli interventi della rappresentanza diplomatica vaticana presso le autorità locali); (b) corrispondenza tra il Vaticano e il Nunzio su questioni inerenti affari umanitari e assistenziali (denunce, richieste di aiuto, informazioni di amici e parenti alla ricerca di notizie di congiunti dispersi, torturati o uccisi, testimonianze); (c) raccolta d’informazione neutra, e cioè informazioni non attribuibili alla Nunziatura perché reperite tramite i canali diplomatici consuetudinari (conversazioni private con altri diplomatici, politici, uomini di governi, Episcopati locali).

Cosa si può aspettare da questi materiale? Dipende. Certamente nessuno che conosca minimamente la questione può attendersi che da questi paper venga fuori una ricostruzione organica della storia politica argentina nel periodo della quattro Giunte militari. Se chi pretende ciò non fa i conti con la realtà e i meccanismi diplomatici, rimarrà deluso. Invece è realistica e molto utile, in particolare per coloro che hanno fatto a Papa Francesco la richiesta di apertura, la possibilità di disporre di una grande mole d’informazione autorevole da incrociare con altre fonti, soprattutto quelle ufficiali, per raggiungere, se possibile, la verità riguardante molti casi di persone scomparse, uccise, depredate dai loro beni, tra cui il più prezioso: figli partoriti in galera e poi rapiti e consegnati ad altri.

Le molte verità. Dalla consultazione e accurata lettura di questi documenti è altamente probabile che sia possibile individuare molte tracce certe per raggiungere verità nascoste da anni; in particolare, e soprattutto, la verità sulle massicce e pianificate violazioni dei diritti umani. Al tempo stesso è probabile che sia possibile leggere le controversie e le divisioni dell’Episcopato argentino sull’atteggiamento da tenere nei confronti delle dittature, specie su quella sorta di perenne dilemma conosciuto in altre situazioni storiche critiche: si ottiene di più nell’ambito umanitario negoziando e dialogando con il potere o invece è più utile uno scontro aperto e frontale, accompagnato dalla denuncia pubblica? Al contempo è altamente probabile che si possa leggere in un modo diverso rispetto a quello codificato da anni sulla stampa il ruolo e il comportamento di determinati uomini di Chiesa, spesso accusati ingiustamente.

Un interrogativo e un precedente. Va tenuto in considerazione un altro aspetto che questa rilevante decisione pone sotto forma di domanda: perché non aprire gli archivi nel caso di altri Paesi come il Cile, il Brasile, la Bolivia, il Paraguay, l’Uruguay, il Perù, El Salvador, Guatemala, Nicaragua, Cuba e via dicendo. L’apertura nel caso dell’Argentina è un precedente che potrebbe incentivare simili richieste da parte di altri Paesi della regione e per i quali sarebbe difficile opporre un rifiuto.

Questa considerazione, per ora del tutto teorica, ci fa pensare a una domanda-ipotesi lontana ma non irrealistica: gli Archivi vaticani contengono veramente informazioni che possono aiutare a ri-scrivere la storia dell’America Latina? Pensiamo in particolare a quei decenni in cui la regione, i cattolici e le gerarchie, furono vittime di accuse false, di disinformazione pilotata, di stereotipi e cliché; insomma di quel fenomeno che, nel caso di mons. Oscar Romero, simbolo di questa realtà, ha fatto dire al Papa che fu martire delle pallottole e della lingua.

Il 30 ottobre 2015, Papa Francesco rivolgendosi ad un pellegrinaggio salvadoregno disse: “Vorrei aggiungere qualcosa che forse ci è sfuggito. Il martirio di monsignor Romero non avvenne solo al momento della sua morte; fu un martirio-testimonianza, sofferenza anteriore, persecuzione anteriore, fino alla sua morte. Ma anche posteriore, perché una volta morto — io ero un giovane sacerdote e ne sono stato testimone — fu diffamato, calunniato, infangato, ossia il suo martirio continuò persino da parte dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato. Non parlo per sentito dire, ho ascoltato queste cose. Cioè, è bello vederlo anche così: come un uomo che continua a essere martire. Ebbene, credo che ora quasi nessuno osi più farlo. Dopo aver dato la sua vita, continuò a darla lasciandosi colpire da tutte quelle incomprensioni e calunnie. Questo mi dà forza, solo Dio lo sa. Solo Dio conosce le storie delle persone, e quante volte persone che hanno già dato la loro vita o che sono morte continuano a essere lapidate con la pietra più dura che esiste al mondo: la lingua.”

Note

(1) Giunte militare tra 1976 – 1983

1976-1980: Jorge Rafael Videla, Emilio Eduardo Massera y Orlando Ramón Agosti

1980-1981: Roberto Eduardo Viola, Armando Lambruschini e Omar Domingo Rubens Graffigna

1981-1982: Leopoldo Fortunato Galtieri, Jorge Isaac Anaya e Basilio Lami Dozo

1982-1983: Cristino Nicolaides, Rubén Franco e Augusto Jorge Hughes

Le elezioni democratiche e libere dopo 7 anni furono vinte il 30 ottobre del 1983, dal candidato della “Unión Cívica Radical”, Raúl Alfonsín, che s’insediò il 10 dicembre 1983.

Vatican Insider

 

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