Se la foto ufficiale fotografa lo stato dei rapporti il cammino del governo Macri per accreditarsi agli occhi del Papa argentino è ancora in salita. Ma la fiducia non si può negare a nessuno, tantomeno può farlo l’ideatore del Giubileo della Misericordia e Macri ha davanti a sé, per intero, l’ardua responsabilità di pacificare il paese e riportarlo sulla strada della crescita con giustizia ed equità.
Alcuni osservatori si sono affrettati a cronometrare la durata del colloquio tra il presidente Macri e Papa Francesco: 22 minuti. Un record di brevità, si direbbe. Ma al primo incontro ufficiale non ci si poteva aspettare molto di più. Non solo perché a facilitare le cose vi è la lingua comune, senza bisogno di un interprete, la cui presenza normalmente raddoppia la durata dei vertici. Non ci si poteva neanche aspettare dal Papa che si ponesse in vistosa discontinuità, come di chi non vedesse l’ora di non doversi più misurare con Cristina Kirchner.
Macri, però, è apparso come “sotto esame”. Quello cominciato è un dialogo il cui futuro dipenderà molto dall’atteggiamento del nuovo inquilino della Casa Rosada. La lotta alla povertà e al narcotraffico, infatti, sono stati tra i temi al centro del faccia a faccia. E da come il neopresidente affronterà queste due emergenze si comprenderà molto anche delle chance che vi sono di stabilire una sintonia con la Santa Sede. “Nel corso dei cordiali colloqui, che manifestano il buono stato dei rapporti bilaterali esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica Argentina – spiega una sobria nota del Vaticano -, sono stati trattati temi di mutuo interesse, come l’aiuto allo sviluppo integrale, il rispetto dei diritti umani, la lotta alla povertà ed al narcotraffico, la giustizia, la pace e la riconciliazione sociale”.
In questo contesto, ragguaglia ancora la nota, “è stato ribadito il contributo positivo, soprattutto nell’ambito della promozione umana e della formazione delle nuove generazioni, offerto dall’episcopato e dalle istituzioni cattoliche nella società argentina, particolarmente nell’attuale congiuntura economica. Infine, non si è mancato di far riferimento ad alcuni temi di maggiore entità ed interesse in ambito regionale e mondiale”.
Come dire che i presupposti e la disponibilità vaticana per un lavoro comune e a vasto raggio, pur nella necessaria distinzione dei ruoli e le responsabilità, ci sono tutti. E per quanto sia una consuetudine, di certo hanno avuto rilevanza i colloqui, dopo quello con il papa, con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato da monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.
Macrì, al termine dell’incontro in Vaticano ha incontrato i media nella sede dell’ambasciata argentina presso la Santa Sede. Nell’occasione, il presidente ha dichiarato di aver invitato Francesco a visitare l’Argentina. “Quest’anno non sarà possibile – ha risposto il Papa – forse l’anno prossimo”. Prima di allora c’è tempo per dar seguito agli impegni presi. Al momento dello scambio dei doni, Macrì ha regalato al Papa un poncho, una croce di legno di Matarà, simbolo dell’evangelizzazione dell’America latina, e dodici cd di tango argentino. A sua volta, Bergoglio ha donato al presidente argentino un medaglione con due rami d’ulivo che si separano per poi unirsi. “Mi piace dare questo dono ai Capi di Stato ha spiegato Francesco -. È un ulivo con due rami, in mezzo c’è qualcosa che li separa, ma l’ulivo li unisce”.