La decisione è di quelle che lasceranno il segno, e non sarà certamente senza conseguenze. Per volontà dell’arcivescovo di San Salvador monsignor José Luis Escobar Alas lunedì le porte degli uffici legali di “Soccorso giuridico” sono rimaste chiuse, le serrature cambiate e la sorveglianza dell’edificio che ospita la celebre istituzione di difesa dei diritti umani voluta da monsignor Romero affidata ad un gruppo di vigilantes privati che i dipendenti assicurano di non avere mai visto prima. Le ragioni della decisione sono tutte in un breve comunicato che porta la firma dello stesso arcivescovo letto al personale convocato d’urgenza. “Tutela Legal ya no tiene razón de ser”, non ha più ragione di esistere recitava il testo, trasmesso ai dipendenti da tre rappresentanti della curia metropolitana. “Dal momento della sua nomina (27 dicembre 2008, nda)”, ha poi spiegato il vicecancelliere della conferenza episcopale Rafael Urrutia, l’arcivescovo ha esaminato a fondo il funzionamento dell’arcivescovado ed è arrivato alla conclusione “che non ha motivo d’esistere l’ufficio Tutela Legale perché la visione della protezione dei diritti umani in tempo di guerra è diversa da quella che ci può essere oggi come oggi”. Urrutia ha anche ammesso che la decisione è stata presa personalmente da monsignor Escobar Alas.
Ai 12 impiegati, “storici” alcuni, non è rimasto altro da fare che prendere atto della notificazione della cessazione del rapporto di lavoro, ritirare il salario pattuito con la relativa indennità, raccogliere le proprie cose e smaltire l’amarezza chi con i famigliari chi con gli amici chi con la stampa di San Salvador che ha dato risalto alla notizia della chiusura della celebre istituzione.
L’ufficio Tutela Legale venne creato da monsignor Romero 36 anni fa con il nome di “Soccorso Giuridico” dell’Arcivescovado di San Salvador; nel 1982 fu poi trasformato in “Tutela Legale”. Vide la luce all’indomani del massacro del 28 febbraio 1977 – sei giorni dopo la nomina di Óscar Arnulfo Romero ad arcivescovo di San Salvador – e l’assassinio di padre Rutilio Grande nel marzo 1978. I due eventi convinsero Romero che occorreva un organismo che prestasse aiuto giuridico alla popolazione più inerme e vessata. Così decise di aprire gli uffici del Soccorso Giuridico al secondo piano del Seminario diocesano, in prossimità della chiesa di San José de la Montaña, trasferendovi di sana pianta anche la procura per i diritti umani che due anni prima avevano già creato i gesuiti della capitale salvadoregna. Da allora sno cominciate ad affluire le denunce delle molte vittime della guerra civile, soprattutto ad opera degli squadroni della morte che continueranno ad operare anche dopo la firma degli accordi di pace del gennaio 1992.
La denuncia più eclatante riguarda i fatti del dicembre del 1980 quando l’esercito decimò la popolazione di un villaggio – La Guacamaya – nel distretto di Morazán, nell’oriente del paese, per poi, l’anno successivo, massacrare la popolazione di El Mozote ed altri otto villaggi della zona, il peggior eccidio di civili nell’America Latina del XX secolo. A seguito di questi massacri il successore di Romero a San Salvador, il salesiano Arturo Rivera Damas, decise di rafforzare l’organismo di tutela legale e lo mise sotto la direzione di María Julia Hernández, filosofa e studente di diritto, grande amica e persona di fiducia di monsignor Romero.
C’è chi fa notare che la chiusura dei storici uffici avviene nel momento in cui la Corte suprema di giustizia di El Salvador discute la costituzionalità della legge di amnistia del 1993 e quando anche il Pubblico ministero ha deciso di riprendere le indagini sulle violazioni dei diritti umani commessi durante le guerra civile con l’intento di intraprendere azioni penali contro i responsabili.
Dell’arcivescovo di San Salvador si ricorda una dichiarazione pubblica a favore della legge di amnistia pronunciata nell’agosto del 2011. In quell’occasione José Luis Escobar Alas disse di non riuscire ad immaginare cosa sarebbe successo se tutti i casi fossero stati riaperti. “Dovremmo passare la vita in questa discussione dal momento che ce ne sono in abbondanza, tanto da una parte come dall’altra. Questo dibattito ci deve condurre ad un atteggiamento positivo, umile, come dice il Papa, a riconoscere pubblicamente i crimini commessi e all’impegno a non ripetere mai più questa esperienza. Ma anche così, forse, la Legge di Amnistia, è il meccanismo più appropriato per mantenere la pace”.
L’archivio di Tutela Legale raccoglie 50 mila denunce, su carta e in formato audio e video. L’organismo, fanno sapere gli ex-dipendenti, si apprestava a dare assistenza ad un migliaio di vittime del massacro di El Mozote per ottenere risarcimento economico dopo che lo stato salvadoregno è stato condannato per violazione dei diritti umani dalla Corte interamericana.