La storia colombiana raccontata con i quattro fotogrammi che illustrano questo articolo è successa in una comunità indigena della Colombia all’inizio del corrente mese di luglio. La comunità non è numerosa e vive in un municipio rurale e indigeno, che si chiama Corinto, nel dipartimento del Cauca, un territorio un tempo di intensa attività guerrigliera attraversato dalla cordigliera andina. Qui, in questo pezzo di Colombia profonda, un gruppo nutrito di residenti ha deciso di mettere fine alle scorrerie di alcuni guerriglieri dell’Esercito di Liberazione Nazionale, l’ELN, che a differenza delle FARC non hanno lasciato le armi. Ne hanno catturati due, processati e condannati.
Nulla di cruento. I due prigionieri sono vivi e hanno ricevuto 27 frustate poco più che simboliche. Le armi da guerra invece sono state tagliate, come si vede nella foto, e le divise bruciate.
L’Associazione dei Municipi indigeni del Nord Cauca ha spiegato in un comunicato che “l’arresto è stato effettuato dalla guardia indigena e dalle autorità tradizionali del Resguardo Páez de Corinto, in un’area della comunità di Pan de Azúcar”. La nota elenca con puntiglio “i beni” sequestrati: un fucile, sei caricatori, due radio per le comunicazioni, quattro telefoni cellulari, una granata, uniformi delle forze militari, due chili di polvere da sparo e due motociclette. Tutto è stato distrutto in presenza della comunità. Quindi i due guerriglieri catturati sono stati sottoposti a giudizio.
La condanna che hanno ricevuto è di risiedere obbligatoriamente nella comunità per otto anni, che li sorveglierà e cercherà di indirizzarli su una miglior strada.