L’annuncio della beatificazione di Angelelli & compagni l’ha dato il Papa personalmente e quasi in diretta a chi si è più adoperato perché la causa giungesse felicemente in porto, il vescovo della provincia argentina di La Rioja Marcelo Colombo. E per un momento anche la densa nube di tensione che ha innescato l’imminente voto sul progetto di liberalizzazione dell’aborto giunto oggi in aula è sembrata sciogliersi. Proprio monsignor Colombo, designato il mese scorso da Papa Francesco alla nuova sede di Mendoza come arcivescovo, interpellato da Terre d’America ha riassunto l’opinione che Angelelli, assassinato dai militari argentini in un falso incidente nel 1976, aveva su questa delicata materia.
“In un tema come questo” ha premesso monsignor Colombo, laureatosi in giurisprudenza nell’università di Buenos Aires prima di entrare in seminario, “si vede tutta la portata del pensiero pastorale di Angelelli, integrale, coerente, senza soluzione di continuità”. Colombo ha poi citato “tre riferimenti molto chiari espressi in tre omelie che riflettono il suo pensiero” sull’aborto.
Il primo accenno porta la data del 7 ottobre 1973, ed è una riflessione pronunciata in occasione della festa di Nostra Signora del Rosario, dove Angelelli parla dei mali che colpiscono la vita familiare. Dopo essersi riferito al divorzio, tocca la questione dell’aborto: “Oggi ritorna la realtà del divorzio, un problema che ha bisogno di speciale considerazione perché è complesso. Ma lo segnaliamo. Come segnaliamo un altro male che è un vero crimine: l’aborto, le conseguenze personali e sociali sono funeste. Chi paga le conseguenze è la famiglia“.
Il secondo riferimento risale al 16 marzo 1975, un anno prima di essere assassinato. “In quell’occasione”, ricorda monsignor Colombo, «Angelelli si riferisce specificamente alla distruzione della vita nel grembo materno. È molto eloquente ciò che dice nella Messa del 4 maggio dello stesso anno: “Non possiamo negare gli ostacoli e le gravi difficoltà che la famiglia deve superare nel mondo di oggi. Attacchi dottrinali, alcuni chiari e altri sotterranei, al legame familiare; esempi scandalosi che i mezzi di comunicazione sono responsabili di diffondere; campagne contro la natalità camuffate il più delle volte sotto l’apparenza di serietà scientifica; mancanza di coesione interna in molte famiglie; tentativi di corrompere i giovani con la droga; situazioni economiche angoscianti; la perdita del rispetto per la vita – specialmente l’aborto – sono alcuni elementi che mettono in crisi la famiglia. Tutto ciò rende difficile la stessa missione evangelizzatrice che la Chiesa deve compiere nel seno delle famiglie. Ma proprio le difficoltà di un compito così difficile ci devono stimolare a intraprenderla con determinazione e portarla avanti con perseveranza“.
Marcelo Colombo ci tiene a far vedere che “Angelelli non trascurò neppure di sottolineare altri aspetti di morte nella vita sociale di La Rioja e dell’Argentina in quel momento. Ecco perché quello che dice sull’aborto non deve essere separato dalla sua lotta costante per il rispetto delle donne, dalla denuncia dello sfruttamento delle donne, per esempio nei suoi numerosi riferimenti alla tratta; alla condizione di servitù in cui molte donne dovevano svolgere il loro lavoro come domestiche qui a La Rioja o a Buenos Aires, dove emigravano in massa. È tutto un segno la sua lotta perché le donne di servizio avessero un sindacato, che ancora funziona”.
Monsignor Colombo rivolge il pensiero alla beatificazione di Angelelli, Carlos Murias e Gabriel Longueville, e il laico Wenceslao Pedernera, che probabilmente verrà celebrata in novembre o dicembre e “che promette di essere memorabile per il popolo di La Rioja”. Ma non si sottrae alla domanda sulla sua personale posizione rispetto all’aborto e alla legge che il parlamento argentino ha iniziato a votare quest’oggi. “Fa parte della democrazia accettare di discutere tutte le questioni che si presentano nella vita della società. Per questo abbiamo votato i nostri rappresentanti parlamentari” premette. “Per questo sono così dispiaciuto che questo problema della depenalizzazione dell’aborto non abbia fatto parte della piattaforma di nessuno dei partiti politici maggioritari e che la sua messa in discussione abbia attirato l’attenzione della società quando i problemi sociali ed economici stavano premendo”. Per monsignor Colombo “non è bene per una comunità umana giocare ad opporre le due vite: o quella della madre, spesso povera e afflitta dal suo proprio contesto familiare e sociale, o quella del bambino, sempre indifeso e incapace di affermare il suo diritto alla vita. Come Chiesa” conclude riproponendo lo slogan che ha contraddistinto la campagna contro l’aborto “vogliamo proteggere e lottare per le due vite. Povera società quella che si arroga il diritto di decidere chi vive e chi muore! Mi piacerebbe pensare a una leadership politica che porti all’estremo la cura affinché tutti vivano bene e con dignità”.