Una foto straordinaria quella pubblicata dal principale quotidiano della Colombia, El Tiempo, con il permesso dell’Istituto Colombiano di Antropologia e Storia. Le minuscole macchie bianche sul fondale sono tazze di origine cinese. Evidentemente già superpotenza in quel campo agli inizi del XVIII secolo. Poi si vedono dei cannoni semi sotterrati sul fondale. Sono quelli del galeone San José, affondato da navi inglesi l’8 giugno 1708 nei pressi della città colombiana di Cartagena, nel Mar dei Caraibi. Ed è proprio questo paese che rivendica la proprietà dei preziosi che trasportava la celebre imbarcazione e ha messo a punto dei progetti concreti per riscattarli. Non la Colombia da sola, ma con imprese specializzate in questo tipo di ritrovamenti e dotate di attrezzature sofisticate adatte al caso.
Per il momento è stata aperta una gara d’appalto per scegliere una seconda società che competa con Maritime Archaeology Consultants Switzerland AG. La gara si chiuderà il prossimo 25 maggio. Il vincitore dovrà incaricarsi di esplorare, riscattare, conservare e divulgare quello che la Colombia considera patrimonio nazionale.
Farlo non sarà facile considerando che i resti del galeone e il suo tesoro si trovano a circa 600 metri sotto la superficie del mare, nell’oscurità assoluta, e dove l’essere umano non può lavorare. Lo spazio in cui si trovano dispersi la maggior parte degli oggetti fotografati sarà diviso in dieci sotto-aree per ottenere le informazioni archeologiche più rilevanti e ottimizzare la metodologia necessaria per l’indagine.
In ognuna si lavorerà rimuovendo il sedimento con grande cura e raccogliendo gli oggetti con i robot. Ciascuno dei circa 10 milioni di pezzi che si stimano affondati con la superba nave sarà posto in un caveau con gel per prevenire il deterioramento. Poi verranno trasferiti in un laboratorio specialmente attrezzato.
Il galeone San José venne costruito nel 1698. Nel 1708 salpò da Cartagena de Indias verso Cadice scortato da una flottiglia di 20 navi. Le condizioni meteo erano ottime, abbastanza almeno perché i suoi 66 cannoni potessero prendere di mira con precisione i predatori che volessero spogliarlo del preziosissimo carico: 11 milioni di monete d’oro, circa 200 tonnellate di argento, smeraldi e altri preziosi, più 300 persone a bordo. La storia racconta che solo il capitano della nave e il comandante della guarnigione di Cartagena conoscessero con precisione la natura del carico del galeone, il cui registro di bordo è tutt’ora conservato a Siviglia, in Spagna.
In prossimità delle Isole del Rosario la flotta spagnola ne incontrò un’altra con bandiera britannica comandata dal Capitano Charles Wagner. La battaglia ebbe inizio, furiosa e spietata. Il galeone San José e l’Expedition si fronteggiarono, quando una forte esplosione mandò a picco l’imbarcazione spagnola. Erano le 5 del pomeriggio secondo i registri di Lione, uno dei più rinomati storici navali contemporanei.
Il galeone e il suo carico, destinato a riempire le casse del re Filippo V impegnato nella guerra di successione, finirono sul fondo. E lì sono rimasti sino ad oggi. Immortalati adesso dalla straordinaria fotografia pubblicata da El Tiempo. L’immagine è il risultato di un insieme di 6.000 foto scattate a 600 metri dal fondo del mare. L’inedita sessione fotografica è stata realizzata con un sottomarino autonomo che è passato sopra a ciascun oggetto ad un’altezza di 80 centimetri sul letto del mare. Per la prima volta si può vedere l’intera imbarcazione.