Cos’è la parrocchia per Bergoglio? Che immagine ha di questo nucleo tradizionale con cui si declina la presenza del cattolicesimo nel territorio di una nazione, una città o un paese di periferia? Qual è lo scopo, o gli scopi, che una parrocchia deve perseguire secondo l’attuale Papa? E dove il contenuto di questi interrogativi mostra ai suoi occhi una tendenziale forma realizzativa?
Dopo aver ripercorso nel primo articolo i riferimenti che Bergoglio dedica alla parrocchia negli anni da arcivescovo di Buenos Aires e in quelli da pontefice, ci addentriamo adesso nella parrocchia “villera” con le sue due colonne portanti: la sacramentalità e il lavoro di promozione umana che vi si svolge.
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La parrocchia “villera” di Bergoglio ha due colonne portati: la sacramentalità e una forte implicazione dei sacerdoti che ci vivono con le necessità primarie della popolazione che risiede nel territorio, riconducibili, con una formula usata dal Papa con una certa frequenza, a “Tetto, Terra e Lavoro”. L’acronimo spagnolo Techo, Tierra y Trabajo compone una triplice “T”, con cui si suole designare in forma sintetica il programma d’azione dei cosiddetti Movimenti Popolari più volte convocati da Papa Francesco nel corso del suo pontificato.
Nella parrocchia villera le tre “T” vengono simbolicamente sostituite con tre “C”, corrispondenti alle iniziali di Cappella, Scuola, Club [in spagnolo capilla-colegio-club].
Il gioco analogico tra 3T e 3C per evidenziare altrettante emergenze proprie del territorio di una villa miseria l’ha proposto il sacerdote Gustavo Carrara davanti ad un auditorio di docenti e alunni nell’Istituto Pio IX di Buenos Aires. «Così come Papa Francesco parla delle tre “T” di Tierra-Techo-Trabajo come una strada da percorre perchè un popolo possa vivere bene, allo stesso modo potremmo considerare le tre “C” di Capilla-Colegio-Club come spazi sani e felici che aiutino gli adolescenti e giovani a non essere esposti alla droga, alle armi e alla violenza, nei cosiddetti territori caldi”[i].
Carrara, dopo aver fatto notare che nelle villas miseria della metropoli capitale il 43 per cento degli abitanti ha meno di 17 anni, ha citato una lettera pastorale di Bergoglio scritta nel 2005 dedicata all’infanzia e all’adolescenza a rischio. L’allora cardinale di Buenos Aires indicava nella scuola lo strumento principale di inclusione. “Chi lascia la scuola perde ogni speranza perché la scuola è il luogo in cui i bambini possono elaborare un progetto di vita e iniziare a formare la propria identità”[ii]. Nella lettera pastorale Bergoglio faceva notare che “Oggi come oggi l’abbandono scolastico non porta all’ingresso nel mondo del lavoro ma conduce il giovane al terreno dell’esclusione sociale: la diserzione scolastica significa il reclutamento, soprattutto degli adolescenti, in un mondo in cui aumenta la loro vulnerabilità in relazione alla violenza urbana, l’abuso e la dipendenza da droghe o alcool”.
Di qui l’accento posto sulla scuola come un altro strumento di quell’ospedale da campo – la seconda “C” dell’acronimo – che nelle villas miseria è la parrocchia nella visione di Bergoglio: “Sebbene la scuola non sia in grado di evitare questi problemi, sembra essere l’ultima frontiera in cui lo Stato, le famiglie e gli adulti si fanno carico dei giovani, dove funzionano, a volte con grande difficoltà, valori e norme collegati all’umanità e alla cittadinanza e dove il futuro non è ancora morto”.
Ispirandosi al principio bergogliano di “accogliere la vita così com’è e accompagnarla corpo a corpo” Carrara riproponeva anche in questo caso l’immagine della parrocchia come “casa” e “famiglia”. “Molte volte incontriamo un ragazzo, una ragazza, consumando paco in un corridoio, riversi per strada. In primo luogo si evidenzia un problema di consumo”. Ma lo sguardo, insisteva Carrara, non può fermarsi alla prima evidenza. “Guardando un po’ più a fondo, vediamo che c’è un problema di esclusione sociale grave: tubercolosi, assenza della scuola, studi non terminati, mancanza di una formazione professionale, vita condotta prevalentemente nella strada”. Nella conferenza ai docenti Carrara spingeva l’auditorio a compiere un ulteriore passo, che le stesse statistiche dell’ Istituto nazionale di statistica e censo (INDEC) non misurano: “Guardando ancor più in profondità scopriamo una orfandad di legami, un’orfandad di amore e un profondo desiderio di avere un focolare, avere una famiglia, avere una casa. Allora consideriamo la cappella o le istituzioni come una famiglia allargata, dove i bambini che accompagniamo possono davvero dire: questa è la mia famiglia, questa è casa mia, questo è il mio focolare. In questo dobbiamo sentire l’urgenza del momento e dobbiamo uscire subito”[iii]. Facendo appello alla propria esperienza nella villa miseria Carrara risaltò l’importanza di “qualcosa di così elementare come il fatto che un adolescente possa e si senta ascoltato per davvero”. Il sacerdote valorizzò il valore sanatore insito in un tale atteggiamento, capace di “ridurre significativamente i livelli di violenza che a volte vediamo tra adolescenti e giovani. Se li ascoltassimo di più, se li ascoltassimo seriamente, troveremmo una chiave per molte cose”.
COLUI CHE TI ANTICIPA. «La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è di avere templi con porte aperte ovunque. In questo modo, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina alla ricerca di Dio, non incontrerà la freddezza di porte chiuse»[iv]. Forse, mentre scrive queste parole, la mente di Bergoglio è attraversata da quel moto dello spirito che il 21 settembre giorno della primavera del 1953 lo sospinse a varcare le porte aperte della chiesa di San Giuseppe, nel quartiere Flores a qualche centinaio di metri dalla casa paterna, avvicinarsi al secondo confessionale situato alla sinistra dell’altare ed inginocchiarsi con l’orecchio accostato alla grata.
Al di là della lamina traforata l’ascoltava un sacerdote che quell’adolescente che gli si era genuflesso davanti non conosceva. “Mi successe una cosa strana durante quella confessione, non so che cosa esattamente, ma mi cambiò la vita; direi che mi sono lasciato sorprendere con la guardia bassa”. La porta della Chiesa aperta e la guardia bassa fu il preludio ad una sterzata radicale nella vita del diciassettenne a cui il destino riserverà tante altre svolte. “Fu la sorpresa, lo stupore di un incontro, mi resi conto che mi stavano aspettando” dirà cinquant’anni dopo agli intervistatori di “El Jesuita”. «Da quel momento, per me, Dio è colui che ti “anticipa”»[v].
Il richiamo a tenere le porte delle chiese aperte ritorna varie volte nelle esortazioni di Bergoglio-Papa, che poi sposta l’attenzione dalle porte dell’edificio parrocchiale ad altre porte che anch’esse non dovrebbero essere chiuse. “Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono integrare la comunità, e anche le porte dei sacramenti non dovrebbero essere chiuse per nessuna ragione» (E.G. 47). Di tutte le porte sacramentali che devono poter essere attraversate da un credente in qualunque momento della vita ce n’è una che Bergoglio, da vescovo e da Papa, ha sempre voluto spalancata: quella del Battesimo. Il sacramento più popolare tra quelli messi a disposizione dalla Chiesa per il cammino del popolo cristiano.
“Il Dio trino e uno il nostro popolo lo vive come un Dio battesimale e battezzante” dirà Bergoglio agli inizi del 2005 a Roma intervenendo nell’assemblea plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina di cui era consulente per nomina di Giovanni Paolo II. “Un Dio in cui si è stati immersi da bambini e in cui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”[vi] aggiunse parafrasando San Paolo, l’apostolo delle genti. Un Dio che i poveri incontrano innanzitutto nel battesimo, come osserva l’attuale Gran Cancelliere dell’Università Cattolica Argentina di nomina bergogliana, Victor Manuel Fernandez: “Nei paesi cattolici i poveri in generale provano un profondo affetto verso il battesimo, e, benché non siano in grado di spiegare la dottrina al riguardo, credono fortissimamente che quello che succede durante il battesimo è molto importante, ed è quindi necessario che anche i loro figli siano battezzati”[vii].
“E ADESSO NON VENITEMI A DIRE CHE NON HA UN PADRE”. Il battesimo è il sacramento più popolare e richiesto dagli abitanti delle villas miserias. “Nelle famiglie umili” annota Fernando Ortiz, un sacerdote di Buenos Aires che per nove anni ha animato pellegrinaggi mariani in America Latina, attualmente distaccato nella diocesi argentina di Jujuy, “questa considerazione si accentua perché spesso non si possono dare ai bambini altre cose importanti per la vita, e allora si cerca di dar loro questa, che è la più primordiale”[viii]. Ortíz, che riconosce nel sacerdote argentino Lucio Gera il vero ispiratore dell’idea che lo ha mobilitato in questi anni, si è reso protagonista di un pellegrinaggio che è partito il 12 dicembre 1992 dalla basilica nazionale di Lujan, ad una sessantina di chilometri da Buenos Aires, e non si è ancora concluso dopo 25 anni di “stazioni” ora in un paese, ora in un altro del continente con la più famosa immagine d’America, la Madonna di Guadalupe[ix]. E proprio Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires ha dato inizio al lungo periplo della morenita del Tepeyac, come la chiamano i messicani, per le strade dell’America Latina”[x].
Per far capire la elevata considerazione anche sociale che le comunità più indigenti nutrono verso il sacramento del battesimo il vescovo Gustavo Carrara rievoca il racconto ascoltato da un sacerdote. «Una volta ero in una villa dove andavo di tanto in tanto a celebrare la Messa; una signora sola aveva avuto un figlio e le vicine di casa la prendevano in giro: “Tuo figlio non ha un padre” le dicevano. Per il mondo della villa che ad uno gli dicano che il figlio non ha un padre è altamente offensivo. Questo alla donna faceva male, la amareggiava che le vicine la burlassero dicendole che il ragazzo non aveva padre. Lo portò a battezzare e appena terminato il battesimo si ascoltò la stessa donna che diceva alle vicine: “E adesso non venite a dirmi che non ha un padre”. Mi resi conto allora che cosa poteva significare per una madre dirle: “Guarda, tuo figlio è protetto da Dio”»[xi].
Sergio Zalba, per anni coordinatore del Servizio Sociale di San Cayetano, il santuario argentino del pane e del lavoro frequentato assiduamente da Bergoglio, ritiene che “la richiesta di battezzare i figli sia la più importante delle manifestazioni della religiosità popolare che si esprimono nell’ambito di una parrocchia”[xii]. Nella maggior parte di queste richieste, emerge una tale considerazione della vita religiosa, della dignità umana e del senso della vita, che richiede agli operatori pastorali una vera sintonia con il cattolicesimo popolare”. Nelle petizioni di battesimo c’è dentro “l’intuizione profonda del popolo credente che Dio ha a che fare con la vita e la vita ha a che fare con Dio”, commenta Carrara.
BATTESIMO NELLA VILLA: ISTRUZIONI PER L’USO. Stando così le cose niente e nulla deve frapporsi all’amministrazione di questo sacramento, tanto più in situazioni dove i documenti di identità scarseggiano, dove le convivenze raramente sfociano nel matrimonio, dove le separazioni sono più una regola che una eccezione, dove i registri parrocchiali sono pressoché inesistenti o largamente incompleti. Per questo Bergoglio impartiva disposizioni ai parroci della capitale perché i requisiti richiesti alla famiglia per il battesimo dei figli venissero semplificati.
Nel 2002, con Bergoglio fresco di porpora e già primate dell’Argentina, viene pubblicata una “Istruzione” destinata ai parroci della capitale per cercare di omologare le prassi in atto facendole convergere verso una disciplina comune nell’esercizio del sacramento. Nel testo si raccomandava vivamente di battezzare tanto i bambini come gli adulti, e si spiegava come superare le resistenze nella celebrazione del rito[xiii]. Il documento datato 8 ottobre si apriva con la firma di Bergoglio in qualità di arcivescovo di Buenos Aires seguita da quella dei quindici vescovi del territorio di sua giurisdizione compresi i sei ausiliari della città capitale. L’indirizzo generale che si desume dall’insieme del testo riflette la preoccupazione di Bergoglio di facilitare l’amministrazione del battesimo adottando quella che veniva chiamata “prassi transitoria” il cui obiettivo era evitare che fosse “indefinitamente differito o che fosse impedito a causa dei padrini”. La transitorietà enunciata nell’ “Istruzione” sarebbe poi diventata definitiva nella prassi ininterrotta degli anni che seguirono. Ma in quel momento, forse per prevenire obiezioni di carattere dottrinale, si preferiva affermare che, “mentre si portava a termine tale educazione sulla missione dei padrini, le inadeguatezze che questi presentavano dovranno essere supplite dal dinamismo evangelizzatore e catechistico della comunità cristiana parrocchiale, che dovrà sopperire a quel che mancasse”.
Le indicazioni pastorali per il battesimo fondavano la propria ragion d’essere nell’osservazione “che i settori sociali più umili e soprattutto nei casi di migranti e di madri sole, incontrano difficoltà gravi nel trovare i padrini e che in alcuni casi, per un pudore naturale, spesso [i genitori o chi per loro] non lo manifestano. Di fatto, molti battesimi sono differiti e a volte per molti anni, per non trovare padrini o per non soddisfare i requisiti richiesti”. Una delle raccomandazioni formulate nelle “Indicaciones pastorales para el bautismo de niños” si proponeva di contrastare una sorta di inibizione verso “padrini” dal profilo non propriamente irreprensibile, com’era il caso della maggioranza dei candidati che vivevano nelle villas di emergenza della capitale o in settori marginali. Per scavalcare la remora sulla qualità morale dei padrini il documento dettava: “In quelle situazioni in cui i genitori hanno scelto come padrini delle persone che non soddisfano le condizioni richieste dalla Chiesa il parroco deve agire con estrema delicatezza, pazienza, carità pastorale, in modo che questa circostanza non diventi causa di rinvio sine die o di negazione del battesimo richiesto”. Nei casi più seri di “pubblica incongruenza della vita del padrino con la fede, per evitare che non si amministri il battesimo, il candidato proposto sarà accettato come testimone, come accade con i cristiani non cattolici”.
Le indicazioni pastorali per il battesimo dell’anno 2002, sempre con la finalità generale di facilitare l’amministrazione di quel sacramento primordiale e fondante così sentito nei settori più umili della società – “Non possiamo essere padroni della Grazia di Dio” scriverà Bergoglio – rimuovono in via di principio anche una vischiosità che poteva esserci nei battesimi richiesti in parrocchie che non sono quelle del battezzato o dei suoi familiari: “Nelle nostre diocesi non si esigeranno permessi o lasciapassare tra parrocchie per la realizzazione dei battesimi”, si legge nel documento che stiamo esaminando. La mobilità nel passaggio da una parrocchia all’altra è ammessa praticamente senza eccezioni e senza la necessità di consensi tanto da parte del celebrante della parrocchia di residenza come di quello della parrocchia o cappella dove si chiede di essere battezzati.
Una semplificazione notevole riguarda la preparazione battesimale, che pur essendo a discrezione della parrocchia a volte esige frequentazioni di corsi in giorni ed orari che scoraggiano la famiglia soprattutto quando questa viva in agglomerati marginali di tante periferie urbane dove la mobilità non è agevole. L’ostacolo viene aggirato considerando la stessa omelia pronunciata dal sacerdote nel corso della celebrazione battesimale come un momento minimale ma sufficiente di preparazione al sacramento. Si raccomanda, tanto più in questi casi, che il sacerdote accompagni le famiglie dopo il battesimo visitando le case, andando a benedirle ogni tanto, celebrando la messa in occasione dell’anniversario del battesimo, convocando annualmente i battezzati, appoggiando la cosiddetta missione o Circoli della Vergine, dirigendo messaggi in occasione della Pasqua, del Natale e nelle Feste patronali, invitando a partecipare ad attività o istituzioni della parrocchia, ecc., cose tutte, che, come vedremo, sono già abituali nell’azione dei preti delle villas miserias.
DA UNA CHIESA CHE REGOLA IL BATTESIMO A UNA CHE LO FACILITA. Sette anni dopo le indicazioni pastorali impartire nel 2002 l’arcidiocesi di Buenos Aires avvia una nuova campagna pro-battesimi nelle parrocchie della capitale che dovranno, secondo le disposizioni di Bergoglio, fare tutto il possibile per “facilitare” l’avvicinamento al battesimo di chi lo chiede. L’unico requisito che viene richiesto è che sia sollecitato dai genitori conosciuti del bambino. Con questa finalità viene distribuito un opuscolo intitolato “Il battesimo in chiave missionaria” a circa 400 sacerdoti di Buenos Aires. L’introduzione al testo preparato dal Vicariato della Pastorale dell’arcidiocesi nell’aprile del 2009 “non reca una firma, ma è attribuita al cardinale Bergoglio” scrive la giornalista Silvina Premat sul quotidiano La Nación[xiv]. Nella stessa introduzione si sollecita – con un linguaggio ben conosciuto e riconducibile al lessico di Papa Francesco – di “riesaminare la vita interna della Chiesa per andare verso il popolo fedele di Dio” e “passare da una Chiesa “regolatrice della fede” ad una chiesa “trasmettitrice” e “facilitatrice” della fede».
Si chiede ai sacerdoti che si mettano a punto strumenti pratici perchè nessun genitore se ne vada [dalla segreteria parrocchiale] con l’idea che si nega il battesimo al figlio. E si ricorda che non sono obiezione le unioni civili, i genitori separati, le ragazze madri o bambini in processo di adozione. “Non ha importanza nessuna circostanza in cui si trovino i genitori che potremmo giudicare con un approccio morale”. Se i genitori hanno il libretto di matrimonio va bene, ma se non ce l’hanno fa lo stesso” chiarirà il sacerdote Alejandro Russo, giudice del tribunale ecclesiastico di Buenos Aires: “Bisogna affrontare tutti i problemi in modo pastorale [cioè parlando alle persone] e non giuridicamente”.
Non c’è neppure bisogno, come avveniva qualche anno prima, di troppe rassicurazioni sull’esperienza religiosa dei padrini. Dal “padrinaggio” al momento della celebrazione del sacramento verrà escluso solo un non cattolico. “Perchè il significato del “padrinaggio” è l’educazione nella fede e non solo la trasmissione di valori umani”, dichiara lo stesso Russo, allora alle dipendenze di Bergoglio, aggiungendo che “se un padrino è un cattolico separato e risposato, veniva accettato e iscritto con la figura del testimone che, ai fini del battesimo, è uguale a quella del padrino”.
Neppure le famiglie divise devono essere una obiezione all’amministrazione del battesimo. Bergoglio stesso difenderà la decisione argomentando che “Il bambino non ha alcuna responsabilità per la situazione matrimoniale dei progenitori. Il battesimo dei bambini può quindi diventare un nuovo inizio per i genitori”. Anche quello che è eccepibile, insomma, può essere una occasione per un cammino di rinnovamento in senso cristiano della vita del padre e della madre che portano il figlio alla fonte battesimale. Bergoglio racconta di avere lui stesso battezzato sette figli di una povera vedova sola che lavorava come donna delle pulizie e che li aveva avuti da due uomini diversi. «L’avevo incontrata l’anno prima alla festa di San Cayetano. Mi aveva detto: padre, sono in peccato mortale, ho sette figli e non li ho mai battezzati. Era arrivata a questa situazione perché non aveva soldi per far venire i padrini che vivevano lontano, o per pagare la festa, perché doveva sempre lavorare … Le ho proposto di incontrarci per parlarne. Ci siamo parlati al telefono, è venuta a trovarmi, mi ha detto che non aveva mai potuto trovare tutti i padrini e metterli insieme. Alla fine gli dissi: lo faremo con due soli padrini, che rappresenteranno gli altri. Così sono venuti tutti e dopo una breve catechesi li battezzai nella cappella dell’arcidiocesi. Dopo la cerimonia abbiamo fatto un piccolo rinfresco. Una coca cola e dei panini. Mi ha detto: padre, non posso crederci, lei mi fai sentire importante. Ho risposto: signora, non ho niente a che fare con questo, è Gesù che la rende importante»[xv].
Si nota a prima vista come la visione di Bergoglio Papa nella prima enciclica scritta di suo pugno, la Evangelii Gaudium, abbia forti assonanze con l’esperienza da lui osservata nelle villas miseria di Buenos Aires, che gli faceva dire, e disporre, che il battesimo andava facilitato. Il termine battesimo ricorre in 8 paragrafi dell’esortazione apostolica con riferimenti precisi a “persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo, non hanno un’appartenenza cordiale alla Chiesa e non sperimentano più la consolazione della fede” (14). Per affermare che «Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo» (47).
“Da arcivescovo metteva l’accento su cose che oggi ritroviamo nella Evangelii Gaudium” conferma il vescovo Gustavo Carrara. “Poi, a volte, le generalizzava, per esempio a livello di arcidiocesi, come nel caso del battesimo”. Carrara confida di essere stato testimone di raccomandazioni pressanti di Bergoglio tese a “facilitare il battesimo, avvicinarlo alla gente… era qualcosa che vedeva con chiarezza nelle villas e si rallegrava per i battesimi popolari. La sua stella polare era l’affermazione del primato della Grazia e della Misericordia”[xvi].
“NON DIRE MAI DI NO A CHI CHIEDE IL BATTESIMO”. In una famosa omelia del 3 settembre 2012 a chiusura di un incontro dedicato alla Pastorale Urbana l’arcivescovo di Buenos Aires chiamò “ipocriti” i sacerdoti che si rifiutavano di battezzare i bambini nati fuori dal matrimonio o i cui genitori non li avevano riconosciuti. In un altra occasione Bergoglio commentò la figura popolare del “battezzatore” giustificandola in questi termini: “Nella nostra nazione così vasta, ci sono molti paesini in cui è difficile arrivare, dove il prete riesce ad andare una o due volte l’anno. Ma la pietà popolare sente che i bambini devono essere battezzati il prima possibile, per cui in questi posti c’è sempre un laico o una laica conosciuti da tutti come battezzatori, che battezzano i bambini quando nascono, in attesa che vada il prete. Quando questi arriva lo portano dai bambini perchè li unga con il santo olio, concludendo così la cerimonia”. In un passaggio sucessivo della stessa intervista Bergoglio stabilì l’analogia tra il battezzatore ed un fenomeno conosciuto in un altro e lontano contesto geografico: “Quando ci penso, mi stupisce sempre la storia di quelle comunità cristiane del Giappone che stettero senza sacerdoti per più di duecento anni. Quando i missionari arrivarono, li trovarono tutti battezzati, tutti erano regolarmente sposati dalla Chiesa e tutti i loro defunti erano stati sepolti cristianamente. Quei laici avevano ricevuto solo il battesimo e, in virtù del loro battesimo, avevano anche vissuto la loro missione apostolica»[xvii].
La posizione di Bergoglio cardinale sui battesimi è un punto che gli avversari interni gli imputano come un tratto di inaffidabilità tanto dottrinale come pastorale. Si sa di note giunte in Vaticano che denunciano la sua consuetudine a battezzare i nati al di fuori del matrimonio e che riferiscono con certa indignazione i rimproveri a chi nella sua arcidiocesi si nega a dare il battesimo ai figli extramatrimoniali. Bergoglio Papa ribadirà in più di una occasione questa sua visione. Una volta di più il 26 aprile 2105 ordinando 19 diaconi nella Basilica di San Pietro. Ai nuovi presbiteri chiederà di “non negare mai il battesimo a chi lo chiede”. Il corrispondente dell’agenzia Aleteia Ary Waldir Ramos Díaz osserva nella cronaca della cerimonia da Roma che le sue raccomandazioni “sono coerenti con i suoi insegnamenti come arcivescovo di Buenos Aires e i suoi ultimi gesti da pastore della Chiesa cattolica”. Ricorda anche che nel settembre del 2012 esigette dai sacerdoti di undici diocesi della regione di Buenos Aires che amministrassero il sacramento del battesimo a tutti i bambini, fossero essi frutto di una relazione extraconiugale o figli di una ragazza madre.
L’11 febbraio 2014, in una cerimonia nella Cappella Sistina, Francesco battezzò Giulia, una bambina di sette mesi, figlia di una coppia italiana sposata solo civilmente. Il fatto che i genitori non fossero sposati sacramentalmente dalla Chiesa non fu un problema per il Papa, che secondo la cronaca, aveva accettato di battezzare la ragazza tempo prima, il 25 settembre 2013, quando i genitori glielo chiesero durante un’udienza generale del mercoledì. Ci sono altre situazioni più conflittuali, ma il Papa offre il criterio di “non dire mai di no a quelli che chiedono il battesimo”, un criterio che antepone l’autenticità e la libertà della richiesta allo scandalo che la vita pubblica dei genitori può provocare, siano esse coppie omosessuali, mafiosi, autocrati, militari accusati di tortura, politici controversi o speculatori di borsa avvoltoi e senza scrupoli.
La preoccupazione pastorale di Bergoglio sulla massima popolarizzazione del sacramento ha trovato una sintonia convinta tra i sacerdoti che vivevano nei punti più popolari della capitale argentina. É infatti tipico dei curas delle villas miseria favorire il battesimo in forma massiccia, allo stile dei primi gesuiti che dettero vita alle riduzioni lungo il corso del Paranà. “Solo padre Alonso de Barzana ha battezzato in questa provincia di Tucumán più di 20.000 persone, dopo averle catechizzate lui stesso per molti giorni”[xviii] cita il vescovo Carrara in un articolo per la rivista Vita Pastorale di cui è collaboratore. Il grande battezzatore di indios, com’era conosciuto tra i suoi fratelli padre Alonso de Barzana – scrive lo storico e accademico di Cordoba Cayetano Bruno –, vecchio di oltre settantadue anni, senza denti, sommamente povero e con grande e profondissima umiltà…”, battezzava dalla sera alla mattina “senza perdere un momento d’ozio, con così tanto desiderio di portarli a Dio, che sembra scoppiargli il cuoree il cuore”[xix]. Lo stesso fanno i sacerdoti nelle villas miseria dove sono radicati. Il registro dei battesimi della parrocchia San Giovanni Bosco che raggruppa quattro villas della cintura di Buenos Aires si è impennato da quando parroco è don José Maria di Paola con una progressione che dalle poche decine del 2012 è passato agli oltre trecento battesimi del 2017. “Nel 2016 sono stati più di 500 ed aumentano di anno in anno” conferma Guillermo Torre, dal 1999 parroco della villa che fu fondata da Carlos Mugica, la 31, nel centro di Buenos Aires. Gustavo Carrara ha confermato un incremento analogo anche nella villa 1-11-14 del Bajo Flores; d’altra parte, il vescovo ha avvertito che gli incrementi devono essere visti anche alla luce dell’aumento della popolazione delle villas negli ultimi anni, come ha mostrato un recente rapporto[xx]. Lo stesso rapporto ha evidenziato poi un interessante ultimo dato citato da Carrara, e che chiude idealmente il cerchio della questione dei battesimi nelle villas: per la prima volta, il numero di nati nelle villas —e, di conseguenza, di battezzati— è stato superiore a quello della popolazione immigrata.
Articoli precedenti:
[i] Gustavo Carrara, Adolescentes y jóvenes y el mundo adulto en las barriadas en la zona metropolitana de Buenos Aires (droga, armas, violencia). Mirada integral de la realidad. Territorios calientes. Propuestas positivas. Giornate: “No más chicos descartables. Construyendo esperanza”, Buenos Aires 2017
[ii] Card. Jorge Mario Bergoglio S. J., Carta pastoral sobre la niñez y adolescencia en riesgo, Buenos Aires, 1° ottobre 2015
[iii] G. Carrara, Adolescentes y jóvenes y el mundo adulto… op. cit
[iv] Evangelii Gaudium n.47
[v] Sergio Rubín, Francesca Ambrogetti, El Jesuita, Vergara, Buenos Aires 2010. p.45
[vi] J. M. Bergoglio, La homilía dominical en América Latina, Intervento nella Plenaria della Commissione per l’America Latina, Roma 19-01-2005
[vii] Victor Manuel Fernandez in dialogo con Paolo Rodari, Il progetto di Francesco. Dove vueole portare la Chiesa, EMI, Bologna 2014, p.74
[viii] F. Ortiz, Encuentro nacional de santuarios, Buenos Aires, 2005
[ix] La Nación, Con la imagen de Guadalupe buscan revalorizar la religiosidad popular, Viernes 1 dicembre 2000. Anche: José Ignacio López, Una plegaria de ocho años, La Nación, 1 dicembre 2000
[x] Terre d’America, Un pellegrinaggio lungo 25 anni, 28 gennaio 2017
[xi] Gustavo Carrara, El Bautismo en la celebración del Bicentenario de nuestra patria, in Vida Pastoral, Buenos Aires, 2011, n.291
[xii] Sergio Zalba, Devociones populares: nuevas y antiguas, Vida Pastoral. Año XLV- Nº 256, pag. 24.
[xiii] “Indicaciones pastorales para el bautismo de niños de los obispos de la provincia eclesiástica de Buenos Aires”, Buenos Aires, 8 ottobre 2002
[xiv] Silvina Premat, Será más fácil acceder al bautismo, La Nación, 15 giugno 2009
[xv] Gianni Valente, Non siamo padroni dei doni del Signore, 30Giorni, n.8, 2009
[xvi] Dichiarazioni raccolte l’8 gennaio 2016
[xvii] Valente, Non siamo padroni dei doni del Signore… op cit
[xviii] Gustavo Carrara, El bautismo como bendición de Dios en Vida Pastoral, Buenos Aires, 2007, n.263
[xix] Cayetano Bruno, Las reducciones Jesuíticas de los Indios Guaraníes, Rosario, 1991, pp. 17-18
[xx] “Estudios sobre los procesos de integración social y urbana en tres villas porteñas”, UCA, Observatorio de la Deuda Social Argentina e Defensoría del Pueblo de Buenos Aires. Consultabile all’indirizzo: http://www.uca.edu.ar/uca/common/grupo68/files/2017-Observatorio-Informes_Defensoria-CABA-24-10-VF.pdf