Ventott’anni dopo essere stata consumata, e poco più di un anno dopo essere stata dichiarata incostituzionale, e quindi derogata, la legge che amnistiava i crimini commessi prima del gennaio 1992, l’anno degli accordi di pace con la guerriglia, la strage di gesuiti salvadoregni avvenuta nel novembre 1989 viene tolta dal limbo in cui era finita. O almeno così chiedono le autorità dell’università dove si è consumato il massacro che “davanti alla passività dei diversi organi dello Stato” – si legge nell’ultimo editoriale della rivista dell’ateneo – fanno sapere di aver depositato una sollecitudine in questo senso presso il Tribunale Terzo di Pace di San Salvador “per la riapertura del Caso Gesuiti con il fine di riprendere il processo contro gli autori intellettuali del crimine”.
A muovere le fila della riapertura delle indagini sono il rettore della UCA il gesuita Andreu Oliva, il direttore dell’Istituto per i Diritti Umani (Idhuca) della stessa Università padre José Maria Tojeira, e l’avvocato dell’Idhuca Arnau Baulenas. Quest’ultimo ha spiegato che il processo che si chiede di riaprire “è quello interrotto nel 2000, quando il caso venne archiviato pur trattandosi di un crimine contro l’umanità”. Il penalista ha chiarito che nello scritto presentato adesso in tribunale non vengono fatti nomi. “Quando il caso verrà riaperto, allora si procederà a presentare prove documentali, testimonianze e perizie pertinenti per confermare e portare avanti l’azione legale contro coloro che hanno pianificato e ordinato l’omicidio di Elba e Celina Ramos e dei sei gesuiti”.
Come si sa il massacro è avvenuto all’alba del 16 novembre 1989, quando un commando delle Forze armate salvadoregne è penetrato nel campus dell’Università ed ha ucciso il rettore, lo spagnolo Ignacio Ellacuría, e altre sette persone. Lo “squadrone della morte” irruppe nel Centro pastorale dell’ateneo, rastrellò chi c’era in quel momento e li fucilò faccia a terra senza lasciare testimoni. Gli altri cinque preti assassinati furono gli spagnoli Amando López, Juan Ramón Moreno, Segundo Montes e Ignacio Martín Baró, così come il salvadoregno Joaquín López. Uccise anche la cuoca Elba Julia Ramos e sua figlia Celina di 16 anni, entrambe salvadoregne.
Commentando la richiesta di riapertura del “Caso Gesuiti” José Maria Tojeira, gesuita anch’egli ed ex-rettore della UCA, ha precisato che dalla riapertura delle indagini sono esclusi gli autori materiali, perché, sebbene siano stati processati nel corso di un procedimento che considera “una farsa” ritiene che “sì, sia stata raggiunta la verità e in qualche modo la giustizia”. Gli autori dell’eccidio infatti sono noti, un commando di militari del battaglione anti-guerriglia Atlacatl, le motivazioni anche, decapitare le presunte teste pensanti del movimento insurrezionale che si veniva preparando. Per l’eccidio alla Uca, un colonnello, due tenenti, un sottotenente e cinque soldati furono processati nel 1991: sette furono assolti, due condannati e amnistiati poco tempo dopo.
Non così per gli autori intellettuali, che a giudizio di José Maria Tojeira “continuano ad essere nascosti”.
“Semplicemente non conosciamo ancora tutta la verità” ribadisce a Terre d’America l’attuale rettore della Uca, Andreu Oliva: “C’è ancora una nebulosa che avvolge i fatti. Chi ha dato l’ordine, perché l’ha fatto, come si è tramato l’assassinio. É emerso con tutta evidenza che l’azione è stata molto ben pianificata e organizzata. Abbiamo elementi oramai certi che vari gruppi dell’esercito hanno dato copertura all’esecuzione del massacro formando circoli concentrici attorno all’Università perché non potessero entrare o uscire chi non doveva entrare o uscire”.
In varie occasioni Andreu Oliva ha anche parlato di perdono degli autori a nome dei suoi colleghi e di tutta l’Università Centroamericana. “Giustizia e misericordia non sono in contraddizione. La giustizia è che si conosca la verità dei fatti e che civilmente si possa applicare ai responsabili quello che le leggi stabiliscono. Il perdono si dà esplicitamente se sai chi stai perdonando e per che cosa. In noi non c’è nessun rancore, noi abbiamo perdonato, non abbiamo nessun desiderio di vendetta. Vogliamo sapere chi sono i responsabili della morte dei nostri fratelli e perché sono stati uccisi nel modo in cui lo sono stati. In questi anni ci sono state indagini formali e informali, e un’accumulazione di elementi molto abbondante. Solo ci vuole un giudice che vada sino in fondo. E magari fossero gli stessi autori del massacro a trovare il coraggio di raccontare com’è stato e chiedere perdono alla Chiesa, alla società e al mondo!”.