Un prete argentino minacciato da narcos. Si chiama Jorge Cloro, ed è parroco della parrocchia Espíritu Santo in una cittadina ad una trentina di chilometri dalla capitale, Buenos Aires, dove svolge anche un lavoro di prevenzione e recupero di giovani tossicodipendenti. L’episodio lo ha denunciato lui stesso registrando un breve messaggio sulla sua pagina facebook. Nel filmato il sacerdote, conosciuto con il soprannome di Padre “Chicho”, racconta che martedì scorso 29 agosto due persone in motorino hanno intercettato un suo collaboratore lasciandogli un messaggio intimidatorio diretto a lui, in pratica di “non mettersi con la strada”, in gergo di non occuparsi di chi spaccia e di chi compra, e “di pensare solo a dire messa”. Perché fosse chiaro che il messaggio non andava preso sottogamba alle parole sono seguiti dei fatti. Lo stesso giorno gli hanno squarciato tre dei quattro pneumatici della macchina che usa per muoversi, un piccolo assaggio di quello che gli potrebbe succedere. “I nostri bambini e i nostri giovani non sono negoziabili e se devo morire per loro sarò l’uomo più felice del mondo” ha registrato per tutta risposta nel filmato affidato alle reti sociali trasmettendo a sua volta il messaggio che da parte sua non ci saranno passi indietro con il lavoro nel quartiere popolare dove si trova per strappare il maggior numero possibile di giovani dalle grinfie degli spacciatori.
La reazione della Chiesa argentina è stata immediata, e ricorda da vicino quella dell’arcivescovo Bergoglio, quando nell’aprile del 2009, di fronte alle minacce rivolte al sacerdote José Maria di Paola, dette risonanza nazionale all’episodio assicurando al prete della villa miseria 21 la solidarietà di tutta la Chiesa. In quell’occasione Bergoglio denunciò il flagello della droga che ramificava sempre più il commercio negli anfratti della città e nelle aree più povere, quelle “villas miserias” appunto da cui Di Paola proveniva. “Non abbiamo idea di quanto grave sia questa proposta tenebrosa della droga che viene distribuita persino agli angoli delle nostre scuole” ebbe a dire dal sagrato della cattedrale per cercare di scuotere quella evidente sottovalutazione del fenomeno che lo porterà poi a parlare, da Papa, di “messicanizzazione dell’Argentina”. Poi richiamò il documento sottoscritto da una ventina di sacerdoti impegnati nelle villas della capitale che denunciava la liberalizzazione di fatto dello spaccio di droga nei settori marginali, un appello che rappresentava l’antecedente immediato alle minacce narcos, per dichiarare che quel testo, quelle parole e quella denuncia non riguardava i sacerdoti che lo avevano scritto e lanciato all’opinione pubblica ma era di tutti, “mia e dei vescovi ausiliari che appoggiamo questa dichiarazione”. 350 sacerdoti sottoscrissero quel giorno e nei giorni successivi un documento di solidarietà con il minacciato dove riaffermavano il loro impegno ad intensificare le attività di prevenzione e lotta alla droga. Si trattò della più grande mobilitazione vista sino ad allora nella Chiesa argentina che a detta di diversi commentatori alzò talmente il prezzo di un attentato al già allora celebre “padre Pepe” da salvargli la vita.
Anche nel caso del sacerdote Jorge Cloro il vescovo della diocesi di Quilmes a cui appartiene, Carlos José Tissera, ha immediatamente preso le difese del giovane prete con un comunicato che da conto delle minacce e rivela che non sono le prime: “tempo fa” si legge nel testo “mentre partecipava ad una marcia a favore della vita e contro il narcotraffico assieme ad un pastore evangelico, tanto il pastore come il sacerdote ricevettero messaggi con calunnie e diffamazioni”. Il comunicato lega le ultime minacce a padre Jorge Cloro a quello di altri sacerdoti “che sono stati minacciati nel nostro paese e che hanno dovuto trasferirsi per salvaguardare la loro vita e quella delle persone che vivono attorno a loro”, e nomina infine un caso che ha fato enorme scalpore in Argentina, quello di Juan Viroche, un prete di 46 anni del nord del paese trovato impiccato nel mese di ottobre del 2016 dalla donna delle pulizie nella sacrestia della chiesa Nuestra Señora del Valle de La Florida di cui era parroco, a meno di 20 chilometri dalla città di Tucumán. Un caso affatto chiarito, riporta la nota del vescovo, “su cui i fedeli sostengono che è stato assassinato da sicari del narcotraffico”.