Nello stato di Rondônia, al nord del Brasile, i mietitori Éder Chaves Dias e João Coelho cercano di difendere la Foresta Amazzonica impendendo il passaggio degli invasori nella Valle del Javari. Sono destinati a morire. Come loro, ce ne sono a centinaia nella lista del crimine organizzato che avanza tra le terre dell’Unione verso l’Amazzonia, la maggior riserva tropicale del pianeta. Secondo la Commissione Pastorale della Terra (CPT), il 57% dei conflitti nelle campagne avviene nell’Amazzonia, nonostante nella regione abiti solo il 12 per cento della popolazione brasiliana. La situazione è critica anche nel Cerrado, area in cui si trova il 24,1% del totale delle località coinvolte nel conflitto, ma in cui vive solamente il 14,9 per cento della popolazione rurale del paese. Nel momento della mappatura del possedimento illegale di terre in sette stati del nord e del centro-ovest del paese, la CPT ha identificato 482 focolai di tensione e violenza in 143 municipi. Altre regioni del paese soffrono dello stesso male, anche se in misura minore. All’inizio di agosto, a Bahia, otto lavoratori rurali sono stati uccisi in un quilombo – una comunità costituita da discendenti di ex-schiavi fuggitivi.
La verità è che i conflitti agrari in Brasile sono aumentati e il 2017 promette di essere uno degli anni più violenti nelle campagne degli ultimi tempi: fino ad agosto, 55 persone hanno perso la vita in conflitti agrari. L’anno scorso sono state registrate 61 morti ed è stato il numero più alto in 25 anni. Se questo ritmo continua, il numero verrà superato sicuramente.
Secondo la Commissione Pastorale della Terra, gli omicidi in conflitti rurali accadono per le terre e per il legno, generalmente in aree isolate dove non c’è protezione istituzionale o appoggio della rete di avvocati impegnati in queste tematiche. Le vittime sono principalmente piccoli agricoltori e indios, ma ci sono anche fazendeiros, guardie del corpo e pistoleri. Una gran parte degli omicidi è compiuta dagli occupanti abusivi di terra (grileiros) e dai grandi proprietari terrieri. I dati sottolineano che il 97% dei morti sono contadini e indigeni. Oltre agli omicidi, la CPT registra un universo di violenze composto da tortura, cremazione dei cadaveri, violenza contro donne e indigeni, truffe per la vendita di licenze, sparatorie su commissione. Valdir Aparecido Seza, rappresentante della CPT, afferma che la maggior parte delle denunce di lavoro in forma di schiavitù e di maltrattamento di piccoli agricoltori non è formalizzata. “Su sei casi, solamente uno viene reso noto alla popolazione”, stima.
Mafia verde. La distruzione della foresta e la pressione implacabile dei grileiros sulle terre del centro-ovest e del nord del Brasile hanno fatto sì che nascessero territori con una dinamica propria. Nell’ingegneria finanziaria dei crimini dei campi, il commercio della violenza ha creato tabelle con i prezzi per le vite di uomini e di alberi, che denunciano pregiudizi sociali e ambientali. Dall’abbattimento di alberi alla lottizzazione illegale delle terre, le impronte digitali della mafia verde si possono vedere a occhio nudo. Secondo la Commissione Pastorale della Terra, l’ordine di uccidere una persona non è tanto diverso dal valore riscosso per due o tre metri cubi di ipê, che oggi viene estirpato dalla foresta per circa 1,5 mila reali (468 dollari). In Rondônia, un pistolero professionista riscuote da 5 a 10 mila reali (rispettivamente da 1.562 a 3.125 dollari) per compiere il suo servizio, a seconda dell’“importanza” di colui che perderà la vita. In media, va nei campi per molto meno di questo.
Una gerarchia ben strutturata di agenti criminali si è appropriata di parte della Foresta Amazzonica, racconta Valdir. In questa catena, l’impresa forestale è la protagonista. Finanzia le operazioni, riceve gli ordini – spesso da metropoli distanti, come San Paolo – e si mette in movimento per effettuare la consegna. Il suo obbiettivo sono i legnami nobili, l’oro del bosco. La ricerca resta nelle mani dei toreiros, uomini inviati nella foresta per contabilizzare gli alberi e per calcolare il costo di apertura dei carreadores, sentieri aperti a partire da cammini di terra. L’investimento è alto. Nella frontiera tra la Rondônia e lo stato del Pará un’azione coordinata che prevede la partecipazione di circa dieci uomini costa approssimativamente 240 mila reali (75 mila dollari). Con questi soldi è possibile contrattare due macchine, taglialegna e spie e aprire uno spiraglio largo da cinque a dieci chilometri in mezzo alla foresta vergine.
Nelle unità di conservazione, le porte d’ingresso dei criminali sono normalmente le aree localizzate intorno alle foreste protette. Valdir Seza, della CPT, afferma che in Rondônia i proprietari terrieri aprono i cancelli per far sì che i taglialegna invadano i boschi per circa 7 mila reali (2.187 dollari) a settimana. Normalmente l’abbattimento è realizzato da una disboscatrice skidder, praticamente un carro armato da guerra capace di passare sopra a tutto ciò che si trova di fronte. L’avanzamento medio dei danni è di un chilometro al giorno. Senza difficoltà, una skidder può radere al suolo circa 150 metri cubi di legno al giorno. In solamente una settimana, 40 ettari vengono abbattuti, un’area di 40 campi di calcio.
Anche il ritiro dei materiali richiede attenzioni. Secondo il rappresentante della Commissione Pastorale della Terra, è di notte che vengono ritirati i ceppi. Prima che l’ordine arrivi fino ai cortili dei taglialegna, vengono contrattati degli esploratori che con le moto controllano se il cammino è libero. Le informazioni vengono passate per radio. Alla fine, per camuffare il materiale, vengono incollate delle etichette sui tronchi per indicare che quel legno è stato ritirato da un’area legale, dove la gestione forestale è permessa. È un colpo facile, considerato che non c’è nessun controllo sulle aree o sull’origine reale del materiale. Il ritiro delle specie più care basta per garantire il profitto del taglialegna, per pagare i conti degli impiegati e delle macchine e per finanziare le tappe successive della devastazione. Secondo Valdir Seza, dopo l’apertura dei varchi nel bosco è la volta del secondo, del terzo e del quarto ciclo del furto del legno. In queste tappe vengono aperte le esplanadas, terreni laterali dove i toreiros tagliano le qualità di minor valore. L’operazione arriva alla fine con l’ingresso dei lasqueiros alla ricerca di materiale per la costruzione dei recinti. Esaurito tutto il legno di interesse commerciale, si brucia il resto. A quel punto il terreno sarà pronto per le “correrias pelas terras”, la disputa che definirà cosa sarà pascolo e cosa verrà tagliato dagli occupatori abusivi.
In Amazzonia, l’uccisione di agricoltori e indios che si oppongono a tutto ciò avviene in un territorio che ha perso, fino ad adesso, il 20% della copertura nativa. Dati dell’Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali (Inpe) mostrano che l’Amazzonia Legale ha perso un’area totale di 762 mila km², equivalente a 17 volte lo stato di Rio di Janeiro. Si stima che 42 miliardi di alberi adulti siano stati tagliati. Secondo una ricerca realizzata da tecnici dell’Ibama (Istituto Brasiliano dell’Ambiente e delle Risorse Naturali Rinnovabili), con la diminuzione della foresta il crimine organizzato fa circolare 3 miliardi di reali (937,5 milioni di dollari) all’anno, considerando solamente la fase in cui il tronco lascia il bosco. Inoltre, c’è la catena di miglioramento del legno che inciderà pesantemente sull’attività. Sono soldi più che sufficienti per diffondere campagne politiche in municipi e Stati, per patrocinare l’espansione del possedimento illegale di terre e, se necessario, per eliminare coloro che si oppongono.
Fattori della violenza. Secondo gli specialisti, quattro fattori fanno sì che la violenza nelle campagne sia ben lontana dal diminuire: la mancanza di una riforma agraria consistente, l’assenza di una politica pubblica di regolarizzazione delle terre, la mancanza di sorveglianza e l’incapacità del Potere Giudiziario di punire i criminali.
Secondo Marco Apolo Santana Leão, avvocato nella organizzazione Società di Difesa dei Diritti Umani (SDDH), “è in atto il depotenziamento della politica della riforma agraria, l’estinzione dell’Incra (Istituto Nazionale di Colonizzazione e Riforma Agraria) e la mancanza di risorse”. Secondo Marco Antonio Delfino de Almeida, procuratore della Repubblica e coordinatore del gruppo di lavoro sulle terre pubbliche, “manca una politica perenne di regolarizzazione delle terre. Finché non ci sarà, i conflitti continueranno”. L’occupazione dell’Amazzonia fu incoraggiata negli anni ’70 dal governo militare. Ma, fino ad oggi, gran parte delle aree occupate in questa regione continua ad appartenere all’Unione o agli stati. Sono terreni pubblici che non furono trasferiti ufficialmente a un proprietario, fatto che aumenta ulteriormente la tensione nella disputa per i terreni. Secondo Almeida, “la maggior parte delle morti sono di persone che lottavano per la distribuzione della terra in aree di terra pubblica occupate nel passato da grandi fazendeiros”.
Un altro fattore è dato dalla difficoltà di diffondere la sicurezza nei campi, determinata dalla bassa capacità degli organismi pubblici di controllare. Nell’Ibama, per esempio, non c’è ricambio negli organici né nell’infrastruttura che gestisce il lavoro. Nel 2008 l’organo federale aveva 1,6 mila funzionari. Oggi sono 900. Ci sono sei elicotteri e 400 macchine per proteggere tutto il paese. Per realizzare una sorveglianza minimamente ragionevole nell’Amazzonia, sarebbe necessario contrattare più di mille persone. Lo svuotamento progressivo causato dalla pensione dei funzionari è accelerato dal licenziamento di professionisti corrotti. Tra il 2014 e il 2015, il consiglio dell’Ibama ha dimesso 60 impiegati a causa di irregolarità e frodi.
L’impunità nei processi giudiziari è il quarto fattore che contribuisce a fortificare i crimini nei campi. “Il pistolero che uccide un contadino seguendo un ordine, riceve denaro per averlo fatto e non viene punito, sarà sempre alla ricerca di nuovi ordini: è un dipendente della morte.”, afferma Leão. “Allo stesso modo il mandante continuerà a risolvere il problema del conflitto in questo modo, perché ha la certezza che la legge non lo raggiungerà”. “Quando si svolge il processo, continua l’avvocato, generalmente vengono puniti pistoleri e intermediari, difficilmente le indagini arrivano ai veri responsabili che finanziano queste morti”. Dati della Commissione Pastorale della Terra lo confermano: dal 1985 ci sono stati 1.387 omicidi nelle campagne. Di questi, solamente 112 casi sono stati giudicati, con 31 mandanti condannati e 14 assolti. Dei carnefici solamente 92 sono stati condannati.
Chiesa. In una recente nota divulgata dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), la Chiesa “esige con urgenza un progetto di riforma agraria e una politica agricola che rispetti le diversità regionali e i biomi”, e sottolinea che non si può accettare che prevalga la “legge del più forte”, con un chiaro riferimento ai taglialegna e ai proprietari illegali. L’arcivescovo di Brasilia e presidente della CNBB, dom Sérgio da Rocha, in un’intervista al giornale Folha di San Paolo, ha affermato che il governo dovrebbe prendere delle misure preventive per far sì che non ci siano nuovi morti. Sostiene inoltre che le autorità competenti erano a conoscenza delle minacce e che hanno fatto poco per proteggere queste persone. Secondo il vescovo, “la CNBB esige una verifica immediata, con la conseguente condanna dei colpevoli, così come la protezione di tutti gli esponenti dei contadini minacciati di morte”. Alla domanda diretta a conoscere se ci fosse negligenza da parte dello Stato, dom Sérgio da Rocha ha preferito rispondere che “le misure vengono prese solo quando si verificano morti e che la CNBB vuole richiamare l’attenzione su queste situazioni dolorose”.
Traduzione dal portoghese di Alessandra Semeraro