Le aree lasciate dall’ex guerriglia Farc-Ep in applicazione degli Accordi di pace con il governo del Presidente Manuel Santos in vigore dal 1° dicembre, sono diventate territori di vendetta e rappresaglia “dove da mesi gronda sangue”. In questi luoghi, quasi sempre rurali, in poche settimane sono stati assassinati 26 leader popolari: difensori dei diritti umani, politici, sindacalisti, animatori di Ong…
Per il Difensore dei diritti umani della Colombia, Carlos Negret, che ha annunciato un rapporto completo su questa grave emergenza per la fine di marzo, determinate regioni del Paese sono ormai “terre ad alto rischio” per i leader di base e dunque “occorrono misure politiche adeguate per proteggere queste persone”.
Le statistiche ufficiali sono agghiaccianti. In 14 mesi, dal gennaio 2016 al febbraio 2017, sono stati uccisi 120 leader sociali, alcuni con attentati molto ben preparati (33) e altri nel corso di aggressioni violente (27). I leader assassinati nel 2016 sono 94 e dal 1° gennaio 2017 fino a ieri, 3 marzo, le vittime sono 26.
Per Negret le aree da dove si è ritirata l’ex guerriglia sono state sistematicamente occupate dai paramilitari di destra che hanno imposto la loro autorità alle popolazioni locali, spesso con metodi violenti. Al tragico numero delle vittime negli ultimi 14 mesi (una media di 8,5 ogni 30 giorni) secondo il Difensore dei diritti umani si dovrebbero aggiungere 430 casi di denunce per minacce e intimidazioni.