Una conversazione su un tema particolare, definirei così l’intervista con Padre Bergoglio. Non breve, siamo stati quasi due ore. Ci conosciamo da tempo e quindi è stato un momento familiare. Era presente anche mio figlio e il tempo piacevole, che ha dedicato senza fretta, è passato veloce. Avevo già avuto modo di intervistare Bergoglio nel 2007, quando era ancora a Buenos Aires e anche quella era stata una conversazione sulla Chiesa che era venuta da una occasione particolare, la Conferenza di Aparecida, per una riflessione che resta ancora attuale. Mi disse infatti allora quelle che sono poi le sue corde sulla misericordia, sulla missione, sulla mondanità spirituale. Per me quindi quest’incontro è significato nuovamente conoscere, approfondire meglio il suo pensiero.
Il tema scelto è stato dettato dal voler scoprire il senso della sua costante ricerca dell’unità dei cristiani che ha così caratterizzato e improntato il suo ministero fin dall’inizio del pontificato. Entrare quindi dentro alla storia di questi incontri ecumenici e di tanti gesti compiuti. Avevo avuto l’opportunità di conoscere e intervistare anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e mi colpisce molto il rapporto fraterno e di profonda sintonia che li lega. Sono veramente come fratelli. Uno sostiene l’altro. E da qui quindi volevo entrare nella prospettiva del suo sguardo sulla vita della Chiesa nel momento ecclesiale che stiamo attraversando. Sul volo papale per andare in Svezia per la commemorazione della Riforma gli dissi che questo era un argomento che doveva essere trattato per farne comprendere l’importanza. E che quando avesse avuto tempo avrei fatto volentieri un colloquio su questo con lui, “me lo dica però Padre” gli dissi scherzando “prima che mi venga l’Alzheimer”. Lui si mise a ridere.
Personalmente continuo a chiamarlo Padre, come lui ci disse di continuare a fare. Essere padre è la cifra del suo essere anche come Papa e anche a ottant’anni. Non sembra che gli pesino i suoi anni, anzi, anche questa volta l’ho trovato in forma. I suoi ottant’anni sono prossimi. Credo però non i bilanci. È un po’ allergico a questi schemi, vive intensamente e guarda sempre avanti. Sembra anzi ora più giovane di prima; penso che questo sia il frutto di una grazia speciale. Una volta mi diede una poesia di Borges che s’intitola Everness, me la diede dicendomi che per comprendere Borges si doveva leggere questa poesia. Penso valga anche per lui: Sólo una cosa no hay. Es el olvido. Dios, que salva el metal, salva la escoria y cifra en Su profética memoria las lunas que serán y las que han sido. Ya todo esta…
Testo dell’intervista integrale pubblicato da Avvenire venerdì 18 novembre 2016
Reperibile in spagnolo in Tierras de América nella traduzione di Inés Giménez Pecci