Sette articoli a raffica tutti dedicati all’apertura degli archivi vaticani sugli anni della dittatura argentina e Pio Laghi, il nunzio pontificio a cui toccò vivere quel drammatico momento della nazione sudamericana in un periodo altrettanto problematico della geopolitica mondiale caratterizzato dalla guerra fredda. Per dire che su Laghi è stata costruita una ingiusta leggenda nera che lo vuole complice dei repressori e mostrare il suo discreto, quotidiano lavoro per strapparne il più possibile alle grinfie dei persecutori. Una condizione, quella del perseguitato, che Luis Badilla, 70 anni compiuti, conosce bene, essendo a sua volta dovuto scappare da un’altra dittatura, quella cilena di Pinochet. Per approdare in Italia, dove vive da oltre 42 anni. Quasi 40 li ha lavorati in Radio Vaticana. Da oltre 8 anni dedica quasi tutte le sue fatiche al blog “Il sismografo”, un aggregatore digitale nel quale, ogni giorno, senza neanche una sola interruzione dal giorno della sua apertura, dalle 7 alle 22 carica in cinque lingue le notizie più rilevanti sulla Chiesa cattolica nel mondo, il Vaticano, il Papa e le altre confessioni religiose cristiane.
Alla domanda più scottante che gli abbiamo rivolto – se il Papa sappia della sua campagna per riscattare il nunzio Pio Laghi dalla leggenda nera che è stata costruita su di lui – risponde così: “Dico soltanto che essendo lui argentino, avendo vissuto le dittature argentine anche da posizioni di responsabilità delicate, è forse quello che più sa, è quello più vicino alla verità storica argentina tra il 1976 e il 1980. Sa anche che molti di coloro che hanno preso parte alla leggenda nera su Laghi sono quelli che provarono a montare un’altra leggenda nera su di lui pochi giorno dopo la sua elezione”.
Partiamo da quella su Pio Laghi…
“Nel mondo cattolico, seppure non è una buona definizione perché troppo generica, io per anni, soprattutto in America Latina ho vissuto un’amplificazione acritica di quanto si diceva sul Nunzio. Anzi, in ambienti cattolici, incluso tra membri della gerarchia, era “progressista” attaccare Laghi usando tutte le calunnie e menzogne della leggenda nera. Nessuno, almeno pubblicamente, si è posto mai il dubbio sulle fonti e sul perché di questa campagna. Laghi sinonimo di carnefice diventò per molti un assioma che non occorreva dimostrare. Era così e basta. La leggenda nera sul Nunzio entrò a far parte di molte certe teologie della liberazione quasi come un dato storico acquisito, da non discutere o contestare, una sorta di discriminante. Un tragico errore dal quale imparare moltissimo e seriamente. Oggi non mi sorprende ascoltare molti cattolici riconoscere questo errore e mi auguro che serva come monito contro l’omologazione del pensiero di molti cattolici che si adagiano ai cliché e luoghi comuni per paura di andare contro corrente. Un po’ di coraggio profetico non guasta se si aspira ad essere un vero buon cristiano. Il “terrorismo delle chiacchiere” di Francesco è una cosa molto seria, da non sottovalutare mai. Basterebbe ricordare cosa fece la destra salvadoregna con la sua leggenda nera contro il beato Oscar Romero.”
Appena annunciata l’apertura degli archivi vaticani sugli anni della dittatura argentina tu tiri fuori come prima cosa una lettera di Pio Laghi al famigerato ministro degli interni dell’epoca Harguindeguy in cui il nunzio gli reclama notizie su detenuti e desaparecidos. Perché l’hai fatto?
Perché io così come altre persone avevamo da molti anni una copia fotostatica di quel documento, e di tanti altri, che certamente si trova negli Archivi che saranno aperti per volere di Papa Francesco. Ho ritenuto che questa decisione creava le condizioni per fare giustizia ad un uomo, a un sacerdote e a un servitore della Chiesa calunniato gratuitamente, fino alla sua morte, per oltre 20 anni. Mi sono detto: è arrivata l’ora, il tempo della verità, io, nel mio piccolo devo fare quanto avevo promesso al cardinale Laghi negli ultimi anni della sua vita. Era un impegno morale. Ho sofferto molto temendo di non essere in tempo a fare la mia modesta parte per ristabilire la verità, separando il giudizio storico dalle menzogne; le verità documentate oggettivamente dal “terrorismo delle chiacchiere”; la superficialità ignorante del giornalismo “copia/incolla” (sport ampiamente diffuso tra gli scalatori rampanti di Google e Wikipedia) dallo studio, l’analisi critica delle fonti, le verifiche e controlli personali.
Passi da Laghi ad un uso diffamatorio, voluto o per ignoranza, di Google. Perché fai questo salto?
Scusami caro Alver: di Laghi continueremo a parlare e perciò ora mi soffermo in un punto particolare al quale ci tengo molto. Penso che la leggenda nera su Laghi, nata nel 1984 e molto amplificata con l’’avvento di Internet agli inizi degli anni ‘90, così come incomincia a dipanarsi ora, con prove documentali fra le mani, dovrebbe servire di lezione e di monito soprattutto ai giovani che credono di essere giornalisti perché scrivono più o meno bene o che, come vedo qui in Italia, credono di essere “vaticanista” perché saccheggiando la rete possono riempiere cartelle sull’Obelisco di San Pietro o sulla Cappella Sistina. Un giornalista ignorante, superficiale e incosciente è pericoloso quanto lo è un terrorista: può uccidere moralmente una o più persone. Purtroppo l’anonimato nell’uso delle rete facilita e copre questo malcostume.
Poi prosegui documentando l’operato del nunzio e la sua enorme mole di segnalazioni in Segreteria di Stato di detenuti e scomparsi. Sembra una campagna di riabilitazione.
Sì, lo è! E’ però soprattutto una piccola opera di giustizia. Si tratta, per quanto mi riguarda, di fare l’umanamente possibile per ristabilire la verità dei fatti e ora, dopo la sua morte, riconoscere a Pio Laghi tutto il bene che ha fatto in Argentina tra il 1976 e il 1980 smontando i castelli di calunnie e menzogne con i quali per decadi venne coperta la sua persona, la sua opera e la sua memoria. Bada Bene caro Alver: non sto dicendo che Laghi, dal punto di vista del giudizio storico, è intoccabile, no! Si può fare e forse si deve fare, ma con la verità storica e non con le ideologie; con la serietà e onesta e non con il pressapochismo dei saccenti di turno che nulla sanno della storia dell’Argentina.
Poi una precisazione: io non mi sono mosso pensando ad una “campagna”. Per formazione e convinzione sono contrario alle campagne poiché spesso scivolano verso i pantani della propaganda. Il mio era, ed è, un mite servizio alla verità e alla giustizia.
C’è qualcun altro che pensi debba essere riscattato, su cui gli Archivi vaticani potrebbero gettare nuova luce?
Sì, non solo è possibile; è altamente probabile. Per prudenza e rispetto risparmio i nomi che mi vengono in mente. Posso dire che certamente la visione complessiva sull’agire della Santa Sede, e dei suoi rappresentanti diplomatici, in quegli anni terribili del totalitarismo fanatico e pagano dei militari, sarà diversa rispetto ai molti luoghi comuni, cliché ideologici, analisi campate in aria, che si sono lette in questi anni in migliaia tra libri, saggi, articoli e altro. Questa leggenda nera su Laghi ha dato da vivere, e benissimo, a molti, anche a chi ha voluto essere l’accusatore più documentato, salvo poi scoprire che era un agente che faceva il doppio gioco pagato dai militari argentini [N.d.R. Il riferimento è al giornalista argentino Horacio Verbitsky].
Nella Chiesa argentina c’è chi sapeva e appoggiava, chi sapeva e si opponeva, chi sapeva e lavorava in silenzio per salvare il maggior numero di desaparecidos o potenziali desaparecidos, come Bergoglio. Poi chi non ha fatto nulla dicendo di non sapere. In generale che giudizio ti sei fatto sul comportamento della Chiesa negli anni della dittatura?
Il mio giudizio è quello che tu hai ben riassunto nella domanda. Tutto, detto schematicamente, è andato come lo hai descritto tu. Al momento del golpe la Chiesa in Argentina, l’Episcopato, era in una crisi interna gravissima, sull’orlo del baratro. Paolo VI, controvoglia tolse Pio Laghi da Terra Santa per spedirlo in fretta e furia in Argentina, perché la priorità era appunto la Chiesa e la sua crisi. Laghi da subito si dedico alla questione, ma con il golpe militare del 1976, cambiò tutto, radicalmente. Continuò ad individuare e preparare nuovi e buoni candidati all’Episcopato (una trentina), ma la sua priorità cambio rotta verso la crisi del Paese e verso la ecatombe umanitarie della quale ebbe subito coscienza lucida come dimostra il report N° 1510/76 del 16 luglio 1976, quattro mesi dopo il golpe, inviato al card. Jean Villot, allora Prefetto del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa e successivamente Segretario di Stato.
A Pio Laghi, mi consta personalmente, angosciavano oltremodo sia la crisi della Chiesa sia quella della nazione; le condotte di molti vescovi e anche le condotte dei militari; la passività e indifferenza della comunità ecclesiale così come quella dell’opinione pubblica; le convenienze geopolitiche delle superpotenze e di tanti governi del resto del mondo e l’approvazione della grande stampa internazionale che riteneva l’Argentina di Videla, e poi il Cile di Pinochet, la punta di diamante della lotta contro il comunismo sovietico.
L’opera di Laghi, in questo senso fu vittima della Guerra fredda, della stampa controllata dai militari (alla quale avversari del Nunzio hanno sempre creduto ogni cosa, anche quando a lui venivano attribuite dichiarazioni mai fatte o manipolate spudoratamente). Come cileno, esule di un’altra dittatura, nel caso di Laghi posso aggiungere un’altra considerazione: Laghi fu anche vittima di un certo giornalismo, cosiddetto laico o progressista europeo, che cavalcava qualsiasi panzana credendo che era il modo migliore di essere solidali con questi popoli.
Non è facile, ancora oggi a 40 anni di distanza parlare di queste cose. Che costi personali ha avuto per te questa “piccola opera di giustizia” verso Pio Laghi come l’hai chiamata?
Qualche attacco, spesso tra le righe. Non ho risposto e non risponderò mai. A me piace discutere e confrontarmi con chi ha la medesima quantità d’informazione, studio ed esperienza di me o superiore. La vita è troppo breve come per perdere il tempo in cose che non contano. E’ un’eredità lasciata nel mio cuore da un italiano che era agli antipodi di ciò che è stata la mia vita, ma che rispetto molto: Indro Montanelli. Insieme a molti mail di sostegno e incoraggiamento ne ho ricevuti anche molti altri critici e contrari a quanto ho scritto. A quelli seri e non fanatici ho risposto come meritavano.
Il Papa sa? Approva?
Capisco la tua domanda ma non posso rispondere per il Santo Padre. Dico soltanto che essendo lui argentino, avendo vissuto le dittature argentine anche da posizioni di responsabilità delicate, è forse quello che più sa è quello più vicino alla verità storica argentina tra il 1976 e il 1980. Sa anche che molti di coloro che hanno preso parte alla leggenda nera su Laghi sono quelli che provarono a montare un’altra leggenda nera su di lui pochi giorni dopo la sua elezione.
Sai a che punto è la preparazione del materiale degli archivi vaticani che verrà declassificato?
So quanto hanno detto alcuni vescovi argentini e il direttore della Sala stampa della Santa Sede, p. Lombardi. Si lavora alacremente, molto e senza sosta. La mole dei documenti che saranno declassificati è piuttosto riguardevole. Immagino, avendo fatto ricerche in questi archivi nel caso della Guerra del Pacifico (1879-1884/Cile contro Perù e Bolivia) che si devono separare i documenti attinenti la materia da quelli che riguardano la vita interna della Chiesa e questo è un lavoro molto delicato poiché a volte il confine è fragile. Penso che molti documenti devono essere messi a disposizione con precisazioni che aiutino a capire il contesto, le circostanze e il seguito. Insomma, secondo me un’opera immane seppure il periodo cronologico è relativamente breve.
Tempo fa padre Lombardi ha detto che si sta effettuando il lavoro di «catalogazione» che «si prevede possa essere completato nel corso dei prossimi mesi, dopodiché si potranno studiare i tempi e le condizioni di consultazione». Lo ha detto padre Federico Lombardi, aggiungendo che nel frattempo «si cerca di rispondere a domande specifiche per questioni particolari di carattere giudiziario (rogatorie) o umanitario».
Chi avrà accesso agli archivi?
Diverse persone ma autorizzate perché rappresentative. Non penso che saranno documenti da dare alla stampa. Penso che il Governo argentino nominerà i suo rappresentati ed esperti così come il potere giudiziario, dunque, giudici, procuratori, avvocati, e ovviamente esponenti autorevoli e autorizzati delle Madri di Piazza di Maggio, che fecero per prime la richiesta in Vaticano, e altre associazioni umanitarie o pro diritti umani. A me, ma è un mio desiderio inutile, piacerebbe moltissimo che a questo materiale avessero accesso in un qualche momento storici veri, cioè persone che per la loro formazione storiografica sono in grado di leggere e decodificare archivi declassificati. Se letti e interpretati da inesperti o dilettanti la cura può essere peggiore della malattia, capito?
Hai una idea di cosa ci possa essere in concreto?
A mio avviso sostanzialmente tre tipi di paper: (a) rapporti periodici delle Nunziature alla Santa Sede (con documentazione allegata, in particolare sugli interventi della rappresentanza diplomatica vaticana presso le autorità locali); (b) corrispondenza tra il Vaticano e il Nunzio su questioni inerenti affari umanitari e assistenziali (denunce, richieste di aiuto, informazioni di amici e parenti alla ricerca di notizie di congiunti dispersi, torturati o uccisi, testimonianze); (c) raccolta d’informazione neutra, e cioè informazioni non attribuibili alla Nunziatura perché reperite tramite i canali diplomatici consuetudinari (conversazioni private con altri diplomatici, politici, uomini di governi, Episcopati locali).
Potrà illuminare delle zone d’ombra?
Sì, molte. Ma come in ogni archivio declassificato è fondamentale, anzi decisivo, che le “domande” per le quali si cerca “risposta” siano precise e ben formulate. Sono necessari grandi esperti che conoscano severamente la storia sulla quale indagano. Se l’azione umanitaria della Chiesa sarà un target della ricerca, per una buona e fruttifera lettura, occorrono persone che sanno anche di Chiesa (personaggi, linguaggio, dinamismi, regole, abitudini e linguaggio diplomatico interno, organismi, autorità, attribuzioni). Il servizio diplomatico vaticano è una delle realtà odierne più complesse.
Quali zone d’ombra secondo te devono ancora essere rischiarate?
Secondo me sono diverse anche se a volte intrecciate. Anzitutto l’operato del Nunzio Pio Laghi. Poi il comportamento dei Vicari castrensi e dei cappellani militari. In terzo luogo andrebbero chiarite fino in fondo alcune condotte non trasparenti di diversi vescovi e laici legati a certi Episcopati. Infine, se possibile dovrebbe uscire una radiografia onesta e limpida della politica e del comportamento della Sede Apostolica di fronte a questa dittatura e ciò, come conseguenza indiretta, potrebbe servire a far luce, seppure marginalmente, nel caso di altri regimi militari di quegli anni.
Ci sono fatti su cui è stata fatta chiarezza, come l’assassinio Angelelli e altri non ancora chiariti, come la morte di Ponce de León.
Sì, ora sappiamo con certezza che mons. Angelelli è stato vittima di un omicidio di stato e che la sua morte non fu conseguenza di un incidente stradale. Tanto di cappello all’Osservatore Romano dell’epoca che dando notizia della morte del vescovo scrisse un trafiletto intitolato: “Incidente sospetto”. Nel caso di mons. Ponce siamo a metà strada nella ricerca della verità, ma gli indizi raccolti fanno pensate che anche in questo caso si trattò di un omicidio di stato. Vedremo.
Prima di concludere desidero caro Alver, se mi permetti, ringraziare Francesco Gagliano e Robert Calvaresi, amici e colleghi. Senza il loro sostegno e aiuto fattivo non sarebbe stato possibile per me questa grande fatica dell’anima.