La Basilica di Guadalupe si veste di fiori, il linguaggio degli antichi popoli del Messico nel XVI secolo, quando la celebre Madonna morena apparve all’indio san Juan Diego sul colle del Tepeyac dove oggi sorge la grande Basilica messicana che il papa, si dice, visiterà nella seconda metà di febbraio. E per la prima volta nella plurisecolare storia della Basilica dall’altare centrale le parole della liturgia saranno pronunciate nell’antica lingua degli Aztechi. Una liturgia solenne che presiederà l’arcivescovo di Puebla Víctor Sánchez nella sua qualità di presidente della commissione dei vescovi del Messico preposta alla Pastorale biblica.
L’iniziativa della messa in lingua náhuatl in realtà va ricondotta ad un altro organismo dell’episcopato messicano, molto attivo per ovvie ragioni, quello che si occupa di pastorale indigena. Da poco si sono conclusi i lavori di traduzione della Bibbia in lingua Maya, parlata in Messico da oltre 350 mila persone. L’opera ha richiesto 25 anni di lavoro distribuito tra 59 comunità del comune di Los Altos, nello stato del Chiapas, anch’esso candidato ad essere una delle tappe del prossimo viaggio papale.
A novembre, le traduzioni saranno presentate all’assemblea dei vescovi messicani per la probabile approvazione, ma intanto nel cuore del cattolicesimo latinoamericano, avrà luogo un evento liturgico che non ha precedenti.
Per la celebrazione eucaristica di martedì prossimo, 20 ottobre, i testi liturgici che verranno adoperati sono stati tradotti da 50 linguisti di 12 località del Messico sotto la guida dell’arcivescovo di San Cristobal de Las Casas, Felipe Arizmendi Esquivel.
Per portare a termine le traduzioni sono stati necessari 11 gruppi di lavoro istituiti nell’agosto del 2012 e distribuiti in comunità indigene di lingua náhuatl.