E’ ufficiale. Il Servizio di medicina legale cileno ha confermato che Pablo Neruda è morto nel 1973 per il cancro alla prostata che soffriva; non c’è pertanto nessuna evidenza che sia stato avvelenato da agenti della dittatura di Pinochet come aveva denunciato il suo autista. Con linguaggio squisitamente medico Patricio Bustos, il direttore dell’istituto che ha esumato i resti del premio Nobel, ha riferito nella giornata di ieri che sono state accertate “lesioni metastatiche disseminate in vari segmenti dello scheletro, corrispondenti alla malattia per cui veniva trattato”.
Gli esami tossicologici realizzati nelle università di Carolina del Norte, negli Stati Uniti, e in quella di Murcia, in Spagna, sollecitati dal giudice della causa aperta dopo la denuncia dell’autista, Manuel Araya, che ha sostenuto che Neruda fosse stato intossicato con una sovra dose di medicamenti, non ha potuto essere provata. Stando ad Ayala, dopo il golpe del 24 settembre 1973, Neruda aveva deciso di esiliarsi in Messico. Ma gli fu iniettata una sostanza letale nel sonno, il giorno prima del viaggio.
La denuncia aveva portato all’esumazione dei resti dal luogo in cui erano sepolti, la casa-museo dell’Isola Negra, a 120 chilometri da Santiago, nel mese di aprile di quest’anno. Fino al nulla di fatto evidenziato dagli esami.
Ma gli esiti non sono bastati a convincere i querelanti, che hanno dichiarato di voler sollecitare nuove perizie. “Il caso Neruda non si chiude”, ha sentenziato l’avvocato.