Il sole è sorto anche all’alba di venerdì 21 giugno, radioso nell’aria cristallina e fredda delle Ande. Poteva non sorgere, è vero, ma avendolo fatto tutti i giorni per 5521 anni di seguito c’erano buone probabilità che una volta ancora lasciasse il suo nascondiglio tra le cime e si mostrasse a chi era in attesa di vederlo. E così è stato. Alle 7,18 minuti primi la palla infuocata si è staccata dalla cordigliera e ha illuminato piano piano le rovine dell’antica città di Tiahuanaco, nell’altopiano di La Paz, la capitale della Bolivia. Lì, ad aspettare il Tata Inti, l’antico dio sole, c’era anche il presidente della Bolivia Evo Morales, che nel 2009 ha proclamato l’Año Nuevo Andino Amazónico festa civile nazionale dei popoli andini che vivono in patria e fuori. “Un modo per decolonizzarci” ha ripetuto, giacché l’aritmetica dei soli rimonta a ben prima l’arrivo degli spagnoli nel nuovo mondo. Il calcolo vuole che ai 5000 anni esatti di civiltà preispanica delle stirpi tiahuanacota, si sommino i 521 che intercorrono dal 1492 ad oggi. Si arriva così a giugno 2013.
L’antica usanza di albeggiare con sole, oramai vicina all’estinzione, ha ripreso vigore, così almeno assicura Evo Morales, che irrorato dalle prime luci ha ricordato che tali cerimonie fino a qualche anno fa si realizzavano in tre o quattro punti del paese mentre oggi sono 200 e oltre, se si calcolano l’Ecuador, il Perù, la Bolivia e anche la Spagna e gli Stati Uniti dove varie colonie di emigranti boliviani hanno atteso anch’esse il nuovo sole con offerte e balli.