Uno splendido documentario, traboccante di musica, poesia e amore alla vita, quello realizzato da Rodrigo Vila con la consulenza del figlio della cantante Fabián Matus che ne è anche il produttore. “Mercedes Sosa, la voce dell’America Latina” varca le frontiere dell’Argentina e riscuote successo in molti paesi del continente, quei paesi che per anni La Negra Sosa, come la chiamavano, ha percorso in lungo e in largo preceduta dalle sue canzoni. Due ore di film che si vorrebbe non terminassero, dove, con l’interprete di Grazie alla vita compaiono Pablo Milanés, Chico Buarque, Charly García, René Pérez e persino l’ex-leader dei Taking Heads, David Byrne. Un viaggio nella vita privata e pubblica di Mercedes Sosa, tra le sue convinzioni, le sue passioni, le amarezze anche. Un “viaggio incredibile” lo aggettiva il direttore del film Rodrigo Vila. “Oltre ad una carriera internazionale di enorme rilevanza, Mercedes ha avuto una storia appassionante”. Per ricostruirla Vila ha svolto ricerche per due anni in diversi luoghi dell’America Latina, a caccia di materiale inedito. “Prima di lavorare con lei e la sua famiglia conoscevo le sue canzoni, ma ignoravo la sua storia. Credo che succeda lo stesso con la gente: nemmeno il pubblico la conosce in profondità, la ama ma non la conosce”.
La testimonianza del figlio Matus introduce poco a poco nella Mercedes che soffre l’abbandono del primo marito e torna con il grande compagno della vita, Pocho Mazitelli, prosegue nelle pagine di Mercedes artista che crea, in quelle della madre che viaggia. “Ero molto piccolo e andavo a tutti i suoi concerti” racconta il figlio con gli occhi umidi per l’emozione. “Alle tre del mattino, quando tutti gli altri figli di cantanti dormivano negli hotel con la sposa del musicista, io, che ero figlio di un’artista donna, dovevo rimanere lì, aspettando il ritorno di mia mamma. Erano le 3, le 4 del mattino, e continuavo ad aspettare seduto in un angolo”
Non mancano, nel film, i momenti oscuri della carriera di Mercedes Sosa, come le minacce di morte che ricevette negli anni 70, il divieto, quindi, di cantare in Argentina, il suo paese, e l’esilio in Europa. Fino alla Mercedes Sosa degli ultimi anni, nella sua casa di Buenos Aires. Lì, sentendosi alla fine della propria vita la cantante, legata da sempre al Partito Comunista, torna a pregare. “Mia madre ha abbracciato di nuovo la religione” dice il figlio davanti alla telecamera, “e veemente com’era, decise di manifestare il suo ritorno (alla fede) registrando La misa criolla (1999)”.