Dalla prossima settimana i turisti che arrivano nella capitale argentina avranno un’altra attrattiva: il circuito Bergoglio, come oramai viene chiamato con una espressione pittoresca destinata a restare tale nel tempo. E non solo loro, i turisti, assicurano i promotori, ma anche i connazionali che nella megalopoli sudamericana ci vivono stabilmente e il resto della popolazione dispersa su una superficie sette volte l’Italia che per una ragione o l’altra per Buenos Aires transita nel corso della vita.
Si parte dalla Basilica di Flores, sulla rumorosa omonima piazza ad una quindicina di fermate di metropolitana dal centro storico e la celebre Plaza de Mayo, il cuore politico della capitale argentina. Una retta di pochi chilometri intasata di veicoli e mezzi pubblici che un secolo fa , ricorda la guida in abiti dai colori rigorosamente pontifici, i carri trainati da cavalli impiegavano un giorno intero a percorre. Sulla facciata della Basilica di Flores due grandi bassorilievi ricordano il patrono del luogo, quel san Giuseppe in cui l’odierno Papa Francesco ha detto di riconoscersi fino a far coincidere con la sua ricorrenza, il 19 marzo, l’inizio del proprio pontificato. Qui, sulle scalinate della chiesa che declinano verso il polveroso parco antistante, Bergoglio diciassettenne prese la decisione di diventare sacerdote e qui ha continuato a venire sino al momento di lasciare Buenos Aires come cardinale per farvi ritorno da papa chissà quando. Tutt’attorno alla Basilica ci sono le altre tappe del tour papale, i luoghi dell’infanzia, in primis la la casa dei genitori, Mario Bergoglio e Regina Maria Sivori, dove il futuro Papa nacque il 17 dicembre del 1936 primo di cinque figli.
Ci si sposta poche cuadras, che a Buenos Aires sono la vera unità di misura delle distanze, ed ecco l’Istituto delle suore della Misericordia con l’asilo che frequentò e dove Jorge Mario fece la prima comunione, con il piazzale ad un tiro di sasso, dove scorrazzava con gli amici e giocava a pallone, poi la scuola dove s’iscrisse all’età di 13 anni con il fratello Oscar.
Pochi incroci ancora ed ecco la Scuola tecnica 27 Hipólito Yrigoyen, dal nome del celebre politico fondatore del Unione civica radicale argentina, dove Jorge Mario si iscrisse nel 1950 frequentandola fino ad ottenere il diploma di Tecnico chimico.
Il pullman riparte con gli occhi dei passanti e degli automobilisti incollati sulla fiancata dove spicca l’immagine inconfondibile e oramai tradizionale del Papa con il braccio destro sollevato. Altra tappa dieci minuti dopo, dipendendo dal traffico s’intende, che a Buenos Aires non è meno caotico di quello di Roma. Nuova sosta nel vicino quartiere di Devoto, di fronte ad un altro luogo bergogliano, il penitenziario federale di Devoto, l’unico carcere ancora funzionante nel perimetro urbano della città. Dell’imponente struttura Bergoglio ha benedetto la cappella, dove si recava il giovedì santo per celebrarvi la messa ai carcerati.
Si prende la strada verso il centro della città, non prima di aver fatto sosta nel seminario metropolitano dove Bergoglio è entrato all’età di 22 anni, ed ha deciso di diventare “un sodato dei servi di Gesù”. Il seminario lo lascerà poco tempo dopo per iniziare il noviziato nella Compagnia in Cile. Ancora un San Giuseppe sulla strada di Bergoglio, del talar come viene aggettivato, dal nome di una pianta che abbondava nell’area e che la gente del posto usava nella costruzione delle case. Nella chiesa – questa è la ragione della sosta – si conserva gelosamente il quadro della Madonna che scioglie i nodi (Virgen Desatanudos per i locali), portata qui da Bergoglio dalla Germania nella decade dell’80 e affidata al parroco. E’ diventata oggetto di devozione e si recita davanti al quadro l’invocazione composta da Bergoglio per chiedere il suo ausilio “nel districare i nodi della vita e la confusione indotta dal demonio”. L’Università del Salvador, di cui Bergoglio fu responsabile in qualità di provinciale dei gesuiti fin dal 1973 è l’ultima tappa del pellegrinaggio sui luoghi bergogliani prima del capolinea. Fine corsa davanti alla Cattedrale, in piazza di Maggio, dove Bergoglio è vissuto reggendone le sorti per 14 anni. E di fianco alla cattedrale l’arcivescovado, l’appartamento, i luoghi della vita quotidiana del futuro Papa, il chiosco dei giornali, la barberia di cui fu cliente.
Tre ore di percorso messo a punto dalla segreteria per il turismo della città con la consulenza della Curia di Buenos Aires, due volte al giorno, prima partenza alle 9 di mattino, seconda alle 15. Tutti i sabati e le domenica per ora, più i giorni festivi. Poi si vedrà. E tutto rigorosamente gratis, “come sappiamo che Bergoglio avrebbe desiderato” si giustifica la guida.
Manca qualcosa all’itinerario, questo sì: le baraccopoli che Bergoglio frequentava assiduamente. Ma alla lacuna c’è tutta l’intenzione di porre rimedio. (Alver Metalli)