Fa una certa impressione leggere alla vigilia delle elezioni in Messico che la comunità ecclesiale di una intera nazione predispone e divulga norme per difendere i propri aderenti dalla violenza e proteggere le istituzioni educative e di carità dalle aggressioni di malintenzionati. Ma è proprio così. I vertici della Chiesa messicana alla fine di giugno hanno elaborato e raccomandato “a tutta la comunità ecclesiale, ma soprattutto a quelle persone che, a causa della loro attività pastorale, sono esposte come sacerdoti, religiosi, direttori di istituti, scuole, conventi o qualsiasi altro spazio religioso: parrocchie, cappelle, uffici , seminari, ecc.” un protocollo “per affrontare responsabilmente i possibili rischi per il semplice fatto di essere figure che amministrano spazi pubblici che aprono le loro porte a tutti senza alcuna discriminazione”. Fuori dal linguaggio un po’ curiale si tratta di indicazioni perentorie su come devono comportarsi sacerdoti e laici impegnati presi di mira dalla violenza della criminalità comune e narcos che ha portato il Messico ad essere negli ultimi anni il paese al mondo con il maggior numero di religiosi assassinati.
Il testo di cui parliamo è un documento di 38 pagine articolato in dieci “Protocolli di base per la sicurezza ecclesiale” che dettagliano le procedure da seguire tanto per prevenire violenze e aggressioni come per fronteggiarle quando si verificano. Non si ha notizia che qualcosa del genere sia stato formalizzato in maniera pubblica e su scala nazionale in altri contesti, neppure in paesi in guerra.
La premessa del documento raccomanda vivamente tutte le diocesi e le comunità del Messico di studiarlo, diffonderlo e farlo proprio, poi entra nel merito della sicurezza dettagliando dieci procedure da seguire. Il protocollo numero tre è rivolto soprattutto ai sacerdoti. Sembra di leggere l’istruttivo di una qualche agenzia di intelligence per i propri agenti. Ai religiosi raccomanda di non stabilire orari quotidiani fissi, di evitare le abitudini di routine, di muoversi preferibilmente di giorno, di utilizzare solo veicoli appropriati o un trasporto pubblico sicuro, di non scegliere il percorso più veloce e nemmeno quello più breve ma il tragitto meno esposto a rischi e possibilmente di seguire percorsi alternativi o di emergenza, mantenendo riservato lo spostamento. Si raccomanda inoltre di controllare il buon funzionamento del cellulare, della radio e del caricabatterie prima di mettersi in viaggio, di compiere o far compiere una ricognizione previa dell’esterno della casa o della parrocchia o dell’ufficio dove si è diretti per individuare possibili sospetti e di informare un familiare o comunque una persona fidata quando si visita una persona o un luogo determinati.
Dalle precauzioni da adottare a livello personale il vademecum della Chiesa messicana passa poi alle raccomandazioni da seguire nei così chiamati “scenari pericolosi”. Tali sono considerate le soste nei bancomat, “da effettuarsi accompagnati” raccomanda il prontuario, o la raccolta del giornale o della posta fuori della casa parrocchiale, da evitare nella misura del possibile e da affidare ad altri. Fanno sorridere, se non ci fossero precedenti che le suggeriscono, le raccomandazioni a guardare dentro l’auto prima di entrare nel veicolo, a guidare sempre con i finestrini chiusi, a portare con sé la patente unicamente e la tessera di circolazione, ad evitare discussioni se si verificasse un incidente stradale, a non guidare su strade buie e a non tener conto del GPS se questi conduce su strade periferiche che possono essere pericolose.
Dopo le raccomandazioni personali si arriva quindi ad un gruppo di raccomandazioni specifiche da seguire in caso di furto o di sequestro. Nel primo caso, quando si tratti di un solo assaltante che con tutta evidenza vuole denaro o oggetti personali, il protocollo raccomanda di “non cercare di affrontarlo, fermarlo o disarmarlo”; di osservarlo nella misura del possibile e senza correre rischi inutili per poi denunciare l’aggressione alla polizia. Nel secondo caso ben più grave, il sequestro, il manuale redatto dalla Chiesa messicana esorta chi ne è vittima a “non perdere la calma poiché una perdita di controllo provoca reazioni violente, ad obbedire alle ingiunzioni, a non cercare di stabilire un rapporto personale, di familiarità con il sequestratore”. “Per quanto possibile e senza rischiare la tua integrità”, si legge nel quinto dei “Protocolli di base per la sicurezza ecclesiale”, “registra informazioni o dettagli e riferimenti durante la prigionia”. Le istruzioni successive raccomandano “di fornire il numero telefonico di una persona che può negoziare o di un familiare che dovrà poi informare l’autorità competente e il vescovo”.
Un’ultima osservazione va fatta sul modo in cui è stato redatto il manuale che dovrà preservare la sicurezza dei cattolici messicani e della loro gerarchia. Il Segretario Generale della Conferenza episcopale, Mons. Alfonso Miranda Guardiola, ha spiegato presentandolo “che il documento riprende in generale l’esperienza di molti sacerdoti e vescovi che hanno lavorato su questioni di costruzione della pace, dialogo, mediazione e procedure di sicurezza”.