Blocchi di ghiaccio che galleggiano come sugheri di polistirolo; il twin oters sorvola radente le acque gelide della baia Esperanza. La linea dell’orizzonte si avvicina, la costa ghiacciata è adesso un filo sinuoso che acquista spessore con il diminuire della distanza. Il velivolo sale di quota, scavalca l’altezza del pack. Pochi minuti ancora e gli sci prendono contatto con il ghiacciaio, il motore tossisce, la struttura vibra come le lamelle di un organo, le eliche strattonano fino a fermarsi. Il twin oters scivola lungo la parete liscia verso il basso dove dei gatti delle nevi aspettano il carico. Si sbarca. Gli snowcat percorrono l’ultimo tratto verso la base in un saliscendi che segue la bizzarra formazione del ghiaccio. Ed ecco la base Esperanza, un complesso di una quarantina di edifici arancioni costruiti per resistere a venti gelidi che possono raggiungere i 200 chilometri all’ora. Si capisce il lemma della base: «Permanencia, un acto de sacrificio». Venne fondata in un giorno come oggi, il 17 dicembre 1952 – compleanno di Francesco Papa – da una pattuglia guidata dal generale argentino Edgar Leal, con tanto di saluto alla bandiera e inno. Prima di lui una baleniera svedese restò stritolata dal ghiaccio e l’equipaggio cercò rifugio in questo punto. Si vede ancora la prima edificazione in pietra dove trascorsero un anno e sopravvissero incredibilmente finché vennero riscattati dalla corvetta argentina Uruguay e depositati sani e salvi nel porto di Buenos Aires. Un atto di misericordia che tanti migranti dei nostri tempi non hanno ricevuto.
Oggi, nella base Esperanza, ci vivono una sessantina di persone, militari e civili, in appoggio alle attività scientifiche e per la manutenzione delle strutture. E mentre la base americana McMurdo Station chiude le porte della “Chapel of the Snows” e il sacerdote Dan Doyle torna casa, nella base argentina Esperanza si intensificano i servizi religiosi. “Effetto Francesco” scherza padre Leonidas Adrian Torres che si è fatto le sue belle dieci ore di volo in Hercules dal continente per venire a celebrare sul posto delle prime comunioni e un matrimonio. Un rito sobrio: la messa, il dialogo con i comunicandi, l’eucarestia impartita sullo sfondo maestoso della baia popolata di pinguini, i padroni di casa indiscussi di queste lande gelate e che la Chiesa non ha mai abbandonato.
Il primo a mettere piede in una base Antartica fu un gesuita, che a bordo di una nave da trasporto sbarcò all’Osservatorio meteorologico delle isole Orcadas del Sud, sotto sovranità argentina. Da buon pioniere della fede nel continente dei ghiacci piantò una croce di legno di 8 metri d’altezza costruita nel collegio gesuita di Buenos Aire, dove Bergoglio abitò in gioventù. Le cronache antartiche assegnano a questo eroico sacerdote la celebrazione della prima messa il 20 febbraio 1946, a mezzanotte, su un altare portatile, davanti all’equipaggio di una nave. Lasciò sul posto l’immagine della Madonna di Lujan. Gli fece seguito un salesiano qualche anno dopo, Juan Monicelli, che con una “austera cerimonia” inaugurò la postazione General San Martin, a 187 chilometri dal circolo polare antartico. E un gesuita italiano, Buonaventura de Filippis di Campobasso, per arrivare allo scalabriniano Tarcisio Rubín, dichiarato Servo di Dio e postulato alla beatificazione dai vescovi di due provincie argentine, Jujuy e Mendoza. La storia della presenza antartica argentina è accompagnata dai segni del cattolicesimo: cappelle, croci, Madonne di ogni dove, Salta, del Valle, Catamarca, Loreto, del Milagro, disseminate ovunque i piedi dell’uomo hanno toccato l’Antartide, poi rifugi dai nomi invariabilmente religiosi, Santa Teresita, Cristo Redentor, San Roque, Virgen de las Nieves, San Antonio, San Carlos, Virgen de Loreto, Santa Barbara.
San Francisco de Asís, nella base Esperanza dove ci troviamo, è il nome scelto per la prima cappella di rito cattolico a queste latitudini. Oggi è tirata a nuovo per un matrimonio, una coppia che qui, tra i ghiacci dove ha trascorso l’anno di servizio, ha deciso di regolarizzare la convivenza. Un matrimonio antartico che smentisce la fama di “continente degli uomini soli”. Si prega, si canta, si tira il riso. Padre Leonidas Adrian Torres apre una immaginaria porta della misericordia. «El Jubileo es en todo el mundo, no solo en Roma» ha ripetuto papa Francesco in queste ore. Ad un centinaio di metri di distanza trasmette Radio “Arcángel San Gabriel”, la prima e unica radio nel continente. Ricordano con emozione, nel giorno del suo compleanno, l’elezione a Papa del loro concittadino Mario Jorge Bergoglio. Scelto dai cardinali “dalla fine del mondo”, una espressione divenuta famosa e che qui ha una letteralità incomparabile. Interruppero la programmazione abituale – santorale, gesta e biografie degli esploratori antartici – e quando superarono il contraccolpo si misero a cercare materiale per commentare l’evento.
Auguri Santo Padre