DOVE SONO? Mancano all’appello i 43 studenti messicani scomparsi dopo scontri con la polizia. Ritrovate nuove fosse comuni

Familiari in preghiera
Familiari in preghiera

L’indignazione dei messicani monta come un’onda anomala e rischia di travolgere gli argini che le autorità costituite stanno erigendo attorno alla sparizione di 43 studenti, avvenuta il 26 settembre scorso dopo scontri tra polizia e manifestanti ad Iguala, una città di 140 mila abitanti nello stato di Guerrero. Da poche ore sono state ritrovate quattro nuove fosse comuni con resti carbonizzati, situate nella stessa zona dove il 4 ottobre erano già state scoperte le prime tre con 28 cadaveri. Per stabilire l’identità delle vittime occorrerà attendere i risultati dei test del DNA, che arriveranno in un tempo stimato tra due settimane e due mesi, ma tutto lascia pensare che i corpi siano quelli dei giovani studenti della Scuola Normale di Ayotzinapa. “Più del 90 per cento di possibilità che si tratti di loro”, ha ammesso un funzionario della procura che sta indagando sul caso.

Intanto in Messico si susseguono le manifestazioni di protesta, ed anche l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln) ha organizzato nei giorni scorsi una marcia pacifica per protestare contro la sparizione degli studenti. Sul fronte internazionale richieste formali di spiegazioni sono giunte da Stati Uniti, ONU, Organizzazione degli Stati Americani e organismi difensori dei diritti umani come Human Right Watch e Amnesty International che hanno denunciato l’inerzia iniziale del governo e le falle nell’investigazione. Sedici deputati del Parlamento Europeo hanno chiesto di sospendere le negoziazioni dell’Accordo Globale tra Messico e UE, in attesa di “ricostruire la fiducia” con le autorità in materia di diritti umani.

La Chiesa messicana, fortemente colpita da uccisioni di sacerdoti (l’ultimo omicidio è avvenuto nello stesso stato in cui sono spariti gli studenti), ha indirizzato una lettera ai famigliari dei 43 scomparsi a firma dell’arcivescovo di Acapulco, Carlos Garfias Merlos, esprimendo il “dolore della Chiesa Cattolica”, ma un dolore che deve trasformarsi in “opportunità per generare solidarietà con tutti quelli che soffrono e responsabilità perché queste tragedie non succedano di nuovo”. La scuola frequentata dagli scomparsi si è trasformata in un luogo di veglia e di preghiera. Tutti i giorni viene organizzata una messa per i morti e gli scomparsi. Sulle pareti diversi murales narrano la storia dell’Istituto, fatta di repressioni sofferte nel corso degli anni, morti e uccisioni di studenti. Sui muri sono state affisse le foto dei 43 giovani che mancano all’appello.

La ricostruzione del giornalista messicano Diego Enrique Osorno è inquietante. La Scuola rurale di Ayotzinapa sarebbe da tempo nel mirino dei narcos. I gruppi paramilitari che in diversi momenti l’hanno attaccata agirebbero con la protezione di elementi dell’esercito. La notte della scomparsa gli studenti stavano manifestando contro la riforma dell’educazione a bordo di un paio di autobus occupati, quando un gruppo di poliziotti li ha fermati a colpi d’arma da fuoco. Sei studenti sono morti, altri 25 sono rimasti feriti, mentre 43 sarebbero stati consegnati alla squadra di sicari del cartello Guerrieri Uniti, che controlla la regione. Proprio questa saldatura tra polizia locale e narcotrafficanti si trova ora nella lente degli investigatori.

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