Quarant’anni fa, l’11 maggio, veniva assassinato il sacerdote argentino Carlos Mugica. Aveva appena celebrato messa nella chiesa di San Francisco Solano in un quartiere popolare di Buenos Aires. Lì, con la chiesa alle spalle, lo hanno mitragliato a morte, come avverrà con monsignor Romero sei anni dopo. Aveva 47 anni. “La sua morte ebbe una grande ripercussione, impattò fortemente nella Chiesa e in tutta la società di allora” ricorda il sacerdote José di Paola, allora dodicenne. Con Mugica, considerato il capostipite dei preti delle villas, iniziava una storia di presenza cristiana nelle baraccopoli della capitale argentina che è arrivata ininterrotta sino ai giorni nostri. “Lui e i suoi compagni hanno piantato la Chiesa nella villa” osserva Di Paola che si richiama all’esperienza del sacerdote assassinato e dei suoi primi compagni. “In forma operativa, cioè coinvolta con la sua visione pastorale, è stato in seminario, dai 18 anni in avanti, che mi sono addentrato di più nella sua vita, facendo una opzione non solo per i poveri ma per la gente della villa a cui lui voleva bene”. Di Mugica Di Paola traccia un profilo nient’affatto ideologico. “Trovavo affascinante il modo in cui legava mondi differenti tra loro, l’università, le villas, la cultura. Il suo orizzonte era vasto, viveva in contatto con tutta la vita argentina, sociale, sindacale, politica, i preti per il terzo mondo, quelli della diocesi, i sacerdoti del suo quartiere; aveva un forte potere comunicativo e si legava con facilità con tutti. Era molto comune vedere grandi artisti argentini di quegli anni nella sua villa. Lo stesso Perón fu a visitarlo, ma quel giorno Mugica non c’era e il Generale se ne dispiacque molto”.
I cosiddetti curas villeros che di Mugica hanno assunto l’eredità oggi sono 22 distribuiti in 14 baraccopoli della capitale.
Ma è la Chiesa argentina in quanto tale che rivendica con forza la figura di Mugica nel giorno della sua morte. Lo ha fatto il presidente José Maria Arancedo aprendo la plenaria della conferenza episcopale all’inizio di questa settimana. Parlando davanti a cento vescovi Arancedo si è riferito a Mugica come ad “un sacerdote che ha vissuto la propria fede e il proprio ministero in comunione con la Chiesa e al servizio dei più bisognosi, che ancora lo ricordano con gratitudine, affetto e dolore”.
Fu lo stesso Bergoglio nel 1999, all’epoca arcivescovo di Buenos Aires e prossimo ad essere nominato cardinale da Giovanni Paolo II, a presiedere il trasferimento dei resti di Carlos Mugica dall’aristocratico cimitero di La Recoleta alla più modesta chiesa di Cristo Obrero, nella baraccopoli di Retiro dove Mugica ha trascorso gran parte della sua vita di prete villero. In questa stessa baraccopoli, nel centro della capitale argentina, un caotico crocevia degli autobus di tutta la nazione, domenica il sacerdote verrà ricordato con diversi atti, cui parteciperà il successore di Bergoglio l’arcivescovo Mario Poli, l’Equipe dei sacerdoti della villa al completo, con decine di migliaia di argentini che intendono onorare la spiritualità del sacerdote degli umili.
La figura di Mugica è oggetto di riscoperta anche tra le generazioni più giovani. Bergoglio ne è la ragione principale. “C’è anche da dire” aggiunge Di Paola “che motivi di sospetto che avevano a che vedere con i dibattiti ideologici degli anni ’70 e ’80 sono venute a meno o sono state superate. Oggi è più facile vedere in Mugica il sacerdote che accompagnava il popolo nella villa, cioè vederlo nella sua totalità. E’ più facile anche per la pensava molto diversamente da lui. I problemi stessi della villa sono molto differenti dai tempi di Mugica. Pensiamo alla droga, un fenomeno che quasi non esisteva e che è cresciuto esponenzialmente fino a raggiungere livelli impensabili in Argentina”.
L’assassinio di Mugica è comunemente attribuito alla destra paramilitare argentina che agiva con la sigla “Triple A”. Il processo a questa famigerata organizzazione non è estinto essendo stati catalogati, i suoi crimini, tra i delitti di lesa umanità. Ma c’è chi attribuisce il delitto a mandanti di segno opposto, alla sinistra armata dei montoneros che aveva interesse ad esasperare le contraddizioni per creare condizioni insurrezionali.
“Sinceramente non so chi possa averlo commesso” ammette Di Paola. “I gruppi che gravitavano nella clandestinità non gli erano favorevoli, quelli che ricorrevano alla repressione altrettanto. Mugica aveva fatto una scelta democratica, appoggiava il governo eletto dal popolo, non era favorevole alla clandestinità armata ed era fortemente avverso alla violenza di stato”.
Se la causa penale è ancora aperta quella religiosa non ha ancora mosso i primi passi.