“Farà molto rumore” assicura Gustavo Vera, un argentino la cui strada si è incrociata con quella di Bergoglio nel giugno del 2008 e non si è più separata, neppure quando il suo nome è diventato Francesco. “Credo che vedremo un documento ambientalista, o più di uno nei prossimi tempi” dichiara tra una risposta e l’altra sul suo lavoro che da quel giorno ha ricevuto un’accelerazione impensata.
Dopo le parole di Erwin Kräutler, il vescovo di origine austriaca missionario in Brasile, chiamato da papa Francesco a coadiuvarlo per la stesura della prossima enciclica sui poveri e la custodia del creato, come lui stesso ha riferito nel corso di un’intervista all’Orf Journal, quelle di Gustavo Vera, fondatore dell’associazione La Alameda per la lotta alla tratta di persone e al lavoro schiavo sono una ulteriore conferma. “Gli ho mandato materiale, riflessioni, lettere di ambientalisti, riconosciuti accademicamente ma anche no, che vivono una concreta preoccupazione per la conservazione dell’ambiente. So che le ha ricevute e apprezzate” riferisce mentre pianifica una riunione con le gente della baraccopoli 20 e concorda per telefono dove ricoverare una vittima di tratta. “La questione del pianeta come casa dell’umanità, una ecologia centrata sull’essere umano… Farà molto rumore”, ripete abituato al fragore degli annunci esplosivi che nel recente passato gli sono costate aggressioni e minacce. “Ci sono imprese che puntano solo a massimizzare il guadagno e non gli importa di danneggiare il pianeta. Sarà un tema chiave e so che ci sta lavorando”.
“Tutti noi vediamo la necessità”, sottinteso, di un documento sull’ambiente, dichiara il cardinale brasiliano Claudio Hummes, francescano, amico e influente elettore di Bergoglio. Una problematica che lo riguarda da vicino, nella sua veste di presidente della speciale Commissione per l’Amazzonia creata dai vescovi brasiliani. «L’Amazzonia deve essere sviluppata, certo, ma senza perdere la sua vocazione di un grande dono della natura per tutta l’umanità. Poi c’è la questione indigena. Gli indios del Brasile non sono più autori della loro storia, né politica, né culturale, né religiosa. Noi, come Chiesa, dobbiamo trovare la strada perché tornino ad essere soggetti della loro storia religiosa. Come fare? Come ridare loro questo protagonismo di soggetti? Entra la questione di un clero autoctono. Devono avere i loro preti indios, i loro vescovi indios, poter dire: “noi siamo la chiesa cattolica india”. Loro devono essere protagonisti della loro storia religiosa. Il Papa è molto preoccupato di questa questione».