Pietro Parolin, neosegretario di Stato di Papa Francesco, prepara il suo congedo da Caracas, dov’è stato per quattro anni rappresentante pontificio. Anni complicati, di forti divisioni nella società, che hanno visto l’apogeo e la morte di Chavez, la difficile successione e momenti di duro scontro del governo con la Chiesa del Venezuela. Parolin lascia dietro di sé una situazione meno tesa, canali di dialogo aperti tra esecutivo e conferenza episcopale, una agenda di consultazioni su molti problemi irrisolti e una miglior disposizione al negoziato. Tutto questo deve aver pesato nella decisione del Papa argentino di volerlo a Roma al vertice di una macchina curiale che si accinge a riformare in profondità. Parolin ammette – in una intervista al quotidiano di Caracas El Universal, una delle ultime in terra venezuelana, di essersi imbattuto una sola volta in vita sua con l’odierno Papa. Quando l’arcivescovo Bergoglio andò nel suo ufficio di Sottosegretario per i rapporti con gli Stati per questioni che avevano a che vedere con l’Argentina. Ma la sintonia con lui è preesistente e forte. “Probabilmente il Papa si è fatto questo giudizio” risponde all’intervistatore che gli chiede se papa Francesco sia a conoscenza delle sue idee riformatrici. “La verità è che non ho parlato molto con lui e penso che quando avrò la grazia e l’opportunità gli chiederò il perché di questa scelta (…) Posso dire, questo sì, che mi sento molto affine al suo modo di intendere la Chiesa e soprattutto al suo stile di semplicità e di vicinanza alle persone, alla sua maniera di ascoltare e cercare di fare in modo, sul serio, che la Chiesa ritorni ad avere una presenza significativa nel mondo di oggi”. Non sorprende quindi che l’iniziativa recente di Papa Francesco sulla Siria – tema su cui dichiara di avere “una certa esperienza”- gli sia piaciuta eccome. Un preludio al rilancio della iniziativa diplomatica anche in altri fronti: “Come Chiesa abbiamo nelle nostre mani la possibilità di partecipare alla vita internazionale attraverso la diplomazia”.
Nell’intervista al quotidiano venezuelano Parolin conferma di sé il profilo di un riformatore cosciente di partecipare “ad un’opera di rinnovamento che (Ii Papa) vuole fare nella Chiesa Cattolica”. Quindi accenna ad alcuni temi sul tappeto. Celibato: “Si può parlare, riflettere e approfondire questi temi che non sono definizioni di fede e pensare in qualche modifica ma sempre al servizio dell’unità e tutto secondo la volontà di Dio… Dio parla in molti modi. Dobbiamo fare attenzione a questa voce che ci orienta sulle cause e sulle soluzioni, per esempio la scarsità di clero. Quindi bisogna tenere presenti, nel momento di prendere delle decisioni, questi criteri (la volontà di Dio, la storia della Chiesa) così come l’apertura ai segni dei tempi”. Democratizzazione. “Si è sempre ripetuto che la Chiesa non è una democrazia. Ma è una buona cosa di questi tempi, che ci sia spirito più democratico nel senso di ascoltare attentamente e credo che il Papa l’abbia indicato come un obiettivo del suo pontificato. Una conduzione collegiale della Chiesa dove si possano esprimere tutte le istanze. Poi dovrà essere lui a prendere una decisione”. Corruzione. “Il Papa sente in modo speciale il tema della corruzione per il fatto di provenire da un continente dove il problema è molto grave e questa è una delle grandi sfide dell’America Latina. L’ha affrontato in Argentina, e adesso riprende quello che ha già condannato come arcivescovo. E’ un punto fondamentale sul quale vuole lavorare perché la corruzione mette fine alle società e agli stati”. Pedofilia. “In questo il Papa è in linea con quello che si sta facendo da tempo con Benedetto XVI: assumere una posizione forte soprattutto con le vittime perché non si ripetano fatti del genere”.
Parolin si mostra cosciente delle difficoltà. “La Chiesa è un organismo complesso e al suo interno ci sono resistenze. E’ una grande sfida per il Papa perché lui detiene il ministero dell’unità e tutte queste decisioni devono essere assunte come un modo di unire la Chiesa, non dividerla”.