Pietro Parolin, il nuovo Segretario di stato di papa Francesco, non è un uomo di molte parole e quelle che pronuncia le soppesa con accuratezza. “Non è stato facile convincerlo. Ci ha pensato su per settimane poi ha accettato”, ammette Manuel Isdro Molina, venezuelano, giornalista del quotidiano filogovernativo Ultimas Noticias, l’autore dell’intervista che pubblichiamo in un nostra traduzione. L’intervista si è svolta nella nunziatura d Caracas a fine giugno, poco dopo il ritorno del presidente Nicolás Maduro dalla visita in Vaticano, ed è stata pubblicata il 4 agosto. Leggendo le risposte del Nunzio Pietro Parolin si capiscono molte cose di lui, del suo modo di intendere la diplomazia e dunque anche la maniera con cui svolgerà il nuovo servizio cui è stato chiamato (a.m.).
Cosa sta succedendo nella Chiesa dal 13 marzo scorso, quando è stato scelto il cardinal Jorge Mario Bergoglio come nuovo Papa?
Credo che non stia capitando niente di nuovo nella Chiesa, nel senso che il nuovo è anche ordinario.
Sempre ben disposto verso il rinnovamento?
Proprio così, sempre, perché il protagonista principale nella Chiesa è lo Spirito Santo.
Come interpreta il “fenomeno” Francesco?
Quello che mi ha colpito, e considero un miracolo dell’elezione di papa Francesco, è il cambiamento repentino del clima che si è subito percepito. Prima c’era pessimismo, e ingiustamente aggiungo, perché papa Benedetto XVI ha fatto tutto il possibile per riformare la Chiesa, se guardiamo, per esempio, al grande impegno davanti alla pedofilia.
Si direbbe che la tensione di dover affrontare la pedofilia e la corruzione lo abbiano affaticato molto…
Sì, anche questo suppongo. Eravamo concentrati su questi problemi, sembrava che la Chiesa non fosse capace di rinnovarsi; d’improvviso, dopo questa elezione ed i primi pronunciamenti del Papa, la situazione è cambiata completamente, si è imposto un clima di speranza, di rinnovamento, di futuro che prima sembrava irrimediabilmente bloccato. E questo lo considero, veramente un grande miracolo. Il coraggio e l’umiltà di Benedetto XVI di fare un passo indietro va nella stessa direzione del coraggio e dell’umiltà di papa Francesco di accettare il pontificato, e la nuova aria che vi ha portato.
Cosa l’ha colpita di più del papato di Francesco?
Quello che mi ha colpito è che è cambiata completamente la percezione che c’era della Chiesa. Da una chiesa assediata, con mille problemi, una Chiesa che sembrava diciamo così un po’ ammalata, siamo passati ad una Chiesa che si è aperta.
L’ha rivitalizzata…
Proprio così, e adesso si sta guardando con grande fiducia verso il futuro di Dio. Mi sembra che sia la cosa più bella che ci è successa.
Cosa significa che il Papa abbia cominciato il suo primo periplo con il Brasile?
Questa è una coincidenza, perché era già stato deciso che la Giornata mondiale della gioventù si dovesse svolgere in Brasile. Dunque al Papa, qualsiasi Papa, corrispondeva stare lì.
Una coincidenza anche che papa Francesco abbia fatto la scelta dei poveri e che il Brasile sia stato la culla della Teologia della Liberazione.
Sulla Teologia della Liberazione, e lo dico con tutto il cuore perché c’è stata molta sofferenza, le cose si sono chiarite. Questi anni, dolorosamente, appassionatamente, sono serviti a chiarire le cose. La Chiesa, è vero, ha una opzione preferenziale per i poveri, è una scelta che la Chiesa ha fatto a livello universale. Ma ha anche chiarito sempre che (quella dei poveri) non è una opzione escludente e nemmeno esclusiva.
Preferenziale sì…
Sì, preferenziale; ma significa che la Chiesa è di tutti, la Chiesa offre a tutti il Vangelo con una attenzione speciale ai poveri, perché sono loro i preferiti del Signore, perché è risaputo che il Vangelo si può accogliere solamente con un atteggiamento di povertà.
La semplicità che proclama Francesco…
Papa Francesco va in questa direzione. L’attenzione che ha manifestato fin dai primi momenti del suo pontificato mette al centro della Chiesa una opzione fondamentale che è per tutti, ma con una attenzione speciale ai poveri.
E’ una lettura che si applica ai fedeli latino caraibici. Che lettura se ne potrebbe fare tra i fedeli africani?
Ci sono differenze. La Teologia della Liberazione ha avuto meno ripercussioni in Africa rispetto all’America Latina.
E in Europa con i preti operai…
Si, certamente, ma in Africa no. Questa (di papa Francesco per i poveri) è una buona notizia per l’Africa, che vive conflitti in diversi paesi e situazioni di disuguaglianza. Penso che la sottolineatura che fa il Papa sia importante anche per l’Africa, per tutto quel che riguarda il tema della giustizia sociale e della pace, che sono stati trattati negli ultimi due sinodi sull’Africa realizzati in Vaticano.
E’ un tema umano, quello della povertà, per la Chiesa. Ma anche per i marxisti è un tema classista…
La Chiesa non può assumere le categorie marxiste di lotta di classe. Uno dei punti, tra i diversi problemi che sono nati (con chi proponeva la Teologia della Liberazione), è stato l’utilizzo della categoria marxista di lotta di classe nella dottrina che veniva proclamata. La Chiesa propone sempre, come primo passo, la conversione dei cuori e l’educazione delle persone alla solidarietà, una solidarietà che permetta di superare non solo personalmente ma strutturalmente i problemi della società. Sulla povertà, la Chiesa ha un patrimonio enorme che è la sua dottrina sociale.
Che peso attribuisce la Chiesa alla corruzione come base di questi problemi?
Il Papa ha richiamato l’attenzione su questo. E’ un tema che tocca la Chiesa, perché essa sa che la corruzione danneggia la fibra della società e genera molte conseguenze come quelle menzionate. E’ importante che ci sia lotta alla corruzione; soprattutto nell’educazione, che è un ambito fondamentale per la Chiesa. L’educazione della persona alla legalità, all’onestà, alla coerenza tra parole e fatti, in modo tale che le persone siano capaci di respingere queste tentazioni, e sappiano costruire società sane, società positive.
Papa Francesco ha stimolato i rapporti interreligiosi, per lo meno tra le religioni monoteiste… Per quel che riguarda le mescolanze delle credenze latino caraibiche?
Sul dialogo ecumenico tra cristiani e il dialogo interreligioso, il Papa si è pronunciato nel solco dei suoi predecessori, per esempio di Giovanni Paolo II con il suo incontro ad Assisi. Papa Francesco è molto chiaro, dobbiamo andare avanti per questa strada.
E sulle mescolanze di credenze latino caraibiche?
La Chiesa segue il principio di San Paolo di prendere conoscenza di tutto e scegliere quello che è buono e sano. Tutto ciò che è compatibile con il Vangelo può essere assunto.
C’è qualche segnale di una possibile visita di Papa Francesco in Venezuela?
Non saprei dirle. Non conosciamo quali saranno le intenzioni del Papa su questo.
Il presidente Nicolás Maduro lo ha invitato in occasione della sua visita in Vaticano…
A me non risulta che l’abbia invitato. A lei sì?
Gli ha aperto la possibilità di venire…
Si, ma un invito formale credo che non ci sia. Il Presidente gli avrà detto qualcosa, che le porte del Venezuela sono aperte.
Ad ogni modo non gli ha detto che erano chiuse…
(Risate) No, no, questo no. In questo momento, che io sappia, non c’è un invito formale al Papa perché venga in Venezuela.
Nella gerarchia cattolica si considera che questo incontro sia stato buono?
Si, sì
Ha generato conseguenze immediate?
Il giudizio sull’incontro di papa Francesco con il presidente Maduro è un giudizio positivo nella linea del dialogo che la Chiesa promuove. E’ stata una testimonianza di dialogo. Il Papa è sempre pronto a ricevere tutti.
Lo ha dimostrato; con la presidente argentina Cristina Kirchner gli venivano attribuiti conflitti d’opinione.
Il Papa l’ha ricevuta e abbracciata.
Ha ricevuto il presidente Maduro, con cui si pretende che ci siano delle differenze…
E’ vero, il Papa è aperto a ricevere e dialogare con tutti. Mi sembra che questo incontro con il presidente Maduro sia stato di aiuto ad un dialogo con la Chiesa, qui in Venezuela.
Di miglior qualità?
Por lo meno si sono aperti canali di contatto e si considera il dialogo come un metodo per la soluzione dei problemi.
Per comprendere i problemi?
Per comprendere e risolvere i problemi in un modo pacifico, umano e cristiano.
Che percezione ha la Chiesa delle sofferenze sociali dovute alla crisi economica in diversi paesi d’Europa?
La Chiesa e i cristiani, come dice il Concilio Vaticano II di cui stiamo celebrando i cinquant’anni, fanno propri tutti drammi del mondo contemporaneo. La Chiesa ha fatto un appello perché nella soluzione della crisi che sta patendo l’Europa si tenga conto della sofferenza umana.
E cosa succede con il “capitalismo selvaggio”? L’ha criticato Giovanni Paolo II, lo ha criticato Benedetto XVI e lo critica papa Francesco. Però questa tendenza continua a predominare in Europa?
E’ una cosa preoccupante. La Chiesa continua a chiedere che tutto ciò si corregga, che predomini l’umano sull’economico, l’etica e la morale. La persona umana deve prevalere sulle leggi dell’economia. Da lì nasce un senso di amore ai poveri, di solidarietà, di una economia veramente umana che aiuti a sviluppare le persone e non umiliarle o a danneggiare la loro dignità. Questo è un discorso fondamentale per la Chiesa, e abbiamo tutte le encicliche papali dalla Rerum Novarum (1891), di Leone XII, fino alla Caritas in Veritate (2009), di Benedetto XVI.