Non è facile ascoltare le testimonianze dei sopravvissuti. Donne violentate, neonati scagliati a terra e calpestati, uomini torturati e passati per le armi, centinaia di altri morti di stenti sulle montagne dov’erano fuggiti dai soldati. Indigeni Maya sopattutto, migliaia di indigeni che vennero travolti dalle operazioni antiguerriglia lanciate negli anni ’80 e massacrati dai militari guatemaltechi a caccia di insorti. Ad ascoltare le meste testimonianze, in un dialetto indigeno che talvolta lo stesso Pubblico ministero ha bisogno di farsi tradurre, spesso pronunciate con un filo di voce o spezzate dal pianto, c’è anche il generale Efraim Rios Montt, oggi ottantaseienne. Su di lui pesa l’accusa di genocidio ed una sentenza che comunque sia non finirà di scontare con vita se i giudici riusciranno a dimostrare che in qualità di Presidente era al corrente di quello che succedeva sulle montagne del Guatemala. Con lui vengono processati un pugno di alti ufficiali che all’epoca facevano parte del suo governo: il capo di stato maggiore dell’esercito, il ministro della difesa e il vice, quest’ultimo irreperibile.
Per inchiodare Rios Montt sono state realizzate perizie e riesumate le ossa di almeno 800 indigeni assassinati durante il suo mandato. Alla maggioranza di essi si è potuto dare un nome, stabilire l’età e il sesso, accertare la causa della morte. Molte le donne tra le vittime, ancor più i bambini, a riprova che lo scopo delle incursioni delle truppe non erano i guerriglieri ma terrorizzare i civili. Per lo meno adesso i morti hanno una identità, quello che non hanno ancora è giustizia. I procuratori che accusano il generale Rios Montt per conto dello stato guatemalteco hanno riunito una gran quantità di documenti militari, testimonianze di vittime scampate agli eccidi, documenti non più classificati della CIA, che allora affiancava con consiglieri le forze antiguerriglia in America Centrale. La prova più importante che l’accusa presenterà nelle prossime udienze del pocesso consiste nei piani militari conosciuti con i nomi di Victoria 82, Firmeza 83 e Operación Sofía, azioni militari, tutte, che legano l’esercito ai massacri compiuti nelle aree di esecuzione.
Rios Montt è il primo dittatore centroamericano a finire sul banco degli imputati con l’accusa di genocidio, e si puo giurare che i suoi accusatori ce la metteranno tutta per dimostrare la sua colpevolezza. E’ arrivato al potere nel marzo del 1982 con un colpo di stato contro un altro generale, Romeo Lucas García, e vi è rimasto per 17 mesi, sino all’agosto del 1983, quando venne a sua volta rovesciato. Il suo nome divenne celebre nel mondo per aver oltraggiato clamorosamente Giovanni Paolo II quando questi visitò il Guatemala nel 1983. Il generale, allora al potere, respinse una richiesta di clemenza del Papa e fece fucilare sei condannati a morte pochi giorni prima del suo arrivo in America Centrale.